Fiabe dal mondo: perché la strega Karabà è cattiva?

Kirikù e la strega Karabà è uno di quei film d’animazione al quale assegni volentieri cinque stelle, il massimo del punteggio. Michel Ocelot, il registra di origini francesi, ci propone un viaggio spirituale che ha come destinazione l’Africa, un continente immenso, ricco di tradizioni, musica e danze popolari. 

In un tempo indefinito, in uno dei tanti villaggi del continente africano, nasce Kirikù un minuscolo bimbo prodigio che fin da subito si mostra indipendente ed in grado di comprendere le preoccupazioni che affliggono il suo villaggio: una strega cattiva, la perfida Karabà ha prosciugato la fonte del villaggio, ha catturato e mangiato tutti gli uomini che hanno cercato di sfidarla.

Il villaggio è spaventato e tutti la temono: gli abitanti sono imprigionati nella trappola che la strega ha saputo abilmente creare sfruttando la paura e la superstizione. 

Contrariamente Kirikù non è spaventato dalla strega ed incuriosito chiede insistentemente “perché la strega Karabà è cattiva?”.

In cerca di risposte, Kirikù scoprirà una grande verità: la strega non è malvagia, fa del male perché da tempo soffre. Ha una spina avvelenata conficcata nella schiena che le provoca dolore giorno e notte. Kirikù riuscirà a togliere la spina ed annullare la sua sofferenza.

A cortometraggio concluso, le chiavi di lettura di cui si dispone risultano molteplici.

La percezione di Kirikù è ben differente da quella che accomuna il villaggio. Il mondo degli adulti è otturato dalla paura e dalla superstizione, il mondo di kirikù ci trasporta in profonde verità morali ed intellettuali.

La strega non compie delle vere stregonerie, karabà alimenta le paure del villaggio. Le suggestioni negative che hanno devitalizzato la facoltà di pensiero del villaggio vengono esiliate da un giovane Kirikù desideroso di andare oltre i limiti imposti dalle convinzioni degli adulti.

Non fermandosi alle apparenze ed incurante del parlottio generale, il nostro impavido protagonista sfida le credenze del suo villaggio.

Ed è esattamente questo ciò che la fiaba vorrebbe trasmetterci in qualità di testamento morale: che siate adulti, bambini o adolescenti andate oltre le demarcazioni mentali, abbandonate le riflessioni ermetiche e coltivate il vostro pensiero critico. Ciò che non si comprende va esaminato con costante interrogazione con la prerogativa di voler sperimentare in prima persona senza affidarsi a interpretazioni ed opinioni altrui.

 

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