Chi segue e si adegua al buon vivere, e chi invece…

Martedì abbiamo appreso la notizia che una sala di preghiera pugliese non aprirà ai fedeli per le preghiere. Lo riporta un quotidiano locale pugliese. Non è l’unica a farlo, sono in molti a non aprire per le norme, restrittive, ma giuste, per combattere il possibile contagio del Covid-19.

A dare l’annuncio, cui ho fatto riferimento per quest’articolo, è la sala di Ostuni, facente parte della grande rete filo-marocchina della CII, che ha innumerevoli luoghi di culto associati ed è probabilmente l’associazione più grande in Italia.

L’annuncio ufficiale è stato dato da Ostuni, ma vi hanno aderito tutte le comunità pugliesi associate e probabilmente tutte quelle in Italia che non potranno supportare non tanto la spesa, noi musulmani per portare avanti i nostri luoghi di culto doniamo, ma per la gestione dell’insieme che è assai complessa e responsabilizza forse anche troppo chi dirige questi centri islamici.

Non è semplice igienizzare cinque volte al giorno l’intero tappeto della sala dove noi poggiamo la fronte in ossequi e riverenza a Dio, e non è semplice mantenere le distanze tra i fedeli, specialmente quando capita che qualcuno arriva in ritardo o nel giorno del Venerdì che di solito i centri sono strapieni.

Chi si assume la responsabilità di dire a qualcuno: “Non puoi entrare, è pieno e dobbiamo rispettare le distanze!”. Quale sarà la reazione di qualche fedele agitato e preso dall’attimo fuggente della preghiera non vede niente e nessuno e si vuole a tutti i costi infilare nella fila?

L’irresponsabilità alberga in ognuno di noi, senza nessuna differenza.

Come l’altro giorno, a Roma in uno dei tanti quartieri a Est della capitale, in una piazza, i partecipanti di un centro islamico, hanno ben deciso di non rispettare le regole di buona convivenza, prese, tra l’altro, con i rappresentanti della nostra intera comunità italiana, e si son messi a fare la preghiera dell’eid all’aperto.

Ora mi direte: “Non criticare i nostri fratelli, e poi erano all’aperto!”. Vi rispondo subito in maniera semplice: “Si erano all’aperto vero, ma se non erro, le comunità italiane avevano preso un impegno con il governo di non fare azioni avventate come questa, e tutta l’Italia musulmana le ha rispettate, con sacrificio e umiltà. Perché sempre e solo loro fanno come se fossero li, nel loro lontanissimo paese al confine con l’India?”

E continuo: “Distanza? Si solo quando hanno fatto la preghiera, perché sia prima e sia dopo si saranno pur salutati, scambiate due parole, chiacchierato e non diciamo abbracciati, perché foto di ‘abbracciamenti’ non c’è ne sono state quel giorno, ma vedendo e conoscendo ciò che è accaduto, non giurerei il contrario. Lo vogliano capire che il musulmano deve rispettare le leggi del paese che lo ospita?”

Non è questione di criticare o altro, ma vedi i fratelli della CII, non perché siano meglio di altri, come tutte le altre sigle, ci mettiamo anche noi in mezzo, però sono stati rispettosi delle leggi e sono stati consapevoli dei rischi e delle problematiche che qualcosa avventata come quella fatta, avrebbe innescato negli italiani alle finestre di quei palazzi non di sicuro applausi di incoraggiamento.

Mi chiedo: vogliono essere o no cittadini italiani e integrarsi, o continuare a essere cittadini di quel paese lontano anche in Europa?

Decidetevi per sempre, anche perché, come lo ripeto ormai da ben nove anni, di mezzo ci andiamo noi italiani musulmani, che siamo nati qui e viviamo qui tra i nostri compaesani più di voi che siete spesso di passaggio per l’Inghilterra, noi viviamo già tra le continue critiche che riceviamo e ci affanniamo a dire il contrario, ma dopo queste azioni, cosa mai potremmo ancora noi dire e cosa quali offese dovremmo noi ancora sopportare?

Un conto è rispettare le regole, come ha fatto la grande maggioranza delle comunità in Italia, un altro conto invece è vivere qui ma con il comportamento e la mentalità dall’altra parte del mondo. Non è cosi che funziona cari fratelli, non è questo l’esempio che ci è stato lasciato.

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