L’India alla prova del lockdown, temono i più poveri

“Se sarete bravi nell’affrontare questi 21 giorni in casa, non avremo conseguenze per i prossimi 21 anni”. Con uno storico discorso alla nazione, dai toni istituzionali e certamente paternalistici, il presidente Narendra Modi dà il via al più grande sforzo di chiusura totale (lockdown, come abbiamo imparato a conoscere questa parola) che un paese abbia mai fatto finora. Circa un miliardo e 300 milioni di cittadini sono chiamati a un senso di responsabilità che starà al governo sostenere e rendere meno catastrofico possibile.

L’India era sembrata meno colpita rispetto ad altre nazioni nel numero di casi di Covid-19, ma negli ultimi giorni c’è stato un forte aumento: 519 infezioni e 10 morti in un solo giorno, secondo fonti governative.

La polizia ha imposto il blocco in gran parte dell’India sotto il coprifuoco e i funzionari della sanità hanno avvertito che il coronavirus si stava diffondendo dalle grandi città, dove è apparso per la prima volta, fino ai centri più piccoli.

I ricercatori hanno stimato che più di un milione di persone in India potrebbe essere contagiato entro metà maggio.

L’India ha già interrotto i collegamenti aerei internazionali e interromperà i servizi aerei nazionali a mezzanotte di ieri nel tentativo di fermare la diffusione.

Con un’affermazione che avrebbe dovuto scandalizzare molti, Modi ha poi chiesto scusa “per le persone più povere che saranno le più colpite dalla malattia”.  Le condizioni di vita di molti non abbienti in India sono un fattore quasi culturale: il terrore è  che il virus si diffonda nelle comunità più povere e che i settori della sanità pubblica senza molte risorse non siano in grado di affrontare il problema.

 

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