La fidanzata marocchina e Marco sposò anche il Corano

La felicità nell’Islam. Il racconto di Marco Yusuf, italiano di 44 anni che vive nella periferia romana. La sua testimonianza di fede, l’ashahada, è avvenuta due anni fa. Lui è un’operaio della grande distribuzione romana. È sposato con una ragazza marocchina ed è padre di un bellissimo bambino di un anno. Ci racconta la sua storia, ma ci chiede riserbo, desiderando sottolineare solo il suo stato d’animo, non mettersi in mostra.

Yusuf, raccontaci il tuo ritorno all’Islam.

«Prima dell’ashahada non avevo alcun interesse per le religioni, non andavo a Messa la domenica, non praticavo per niente. Il tutto è iniziato quando ho conosciuto la mia attuale moglie, che lavorava nella mia stessa azienda. Nella fase di conoscenza non avevo riscontrato grandi problemi di differenze culturali e religiose, anche perché lei è cresciuta qui. Le prime difficoltà sono nate quando dovevamo sposarci; infatti per sposare una donna marocchina il consolato chiedeva il certificato di conversione, che io ero molto restio a fare. Ero quasi deciso a mollare, quando decisi di leggere cosa diceva il Corano: con l’aiuto della mia attuale moglie leggevamo ogni sera un po’ di sure, e lettura dopo lettura, mi sono innamorato dell’Islam. Da quel momento ho studiato sempre di più, mi sono impeganto a smettere di bere, a non frequentare compagnie non raccomandabili e a dedicare più tempo alla mia famiglia. Come tutti, siamo alla ricerca della felicità, io l’ho trovata nell’Islam. Alla fine ho deciso di fare ashahada in una moschea a Roma, durante un venerdì».

Hai incontrato problemi per il fatto di essere musulmano?

«Non ho mai subito discriminazioni, né sul lavoro e nemmeno nella vita privata. La mia famiglia l’ha presa con estremo stupore, ma non più di tanto, perché il mio cambiamento è stato graduale e costante nel tempo. L’unico problema era con mia nonna, che non accettava le rinunce alimentari».

Come vivi ora?

«Benissimo, Alhamudililah (tradotto dall’arabo: «grazie a Dio»; ndr). Non dico di essere perfetto, ma ora sono soddisfatto della mia vita: ho una bellissima famiglia, che è la mia vita, una piccola cerchia di persone che posso considerare fratelli. E sopratutto ho ingrandito il numero degli affetti, essendo entrato a far parte della famiglia marocchina. Una volta ogni due tre anni andiamo a visitare il Marocco, per conoscere il resto della mia nuova famiglia».

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