Corteo anti-islamofobia a Parigi. Libertà, uguaglianza e fraternità abitano in Francia?

Mi ha sempre divertito quest’assioma “libertà-uguaglianza-fraternità”, naturalmente inattuabile già dalle prime ore in cui furono pronunciate queste parole, dai cosiddetti intellettuali rivoluzionari che avrebbero portato il popolo al potere. Infatti, un potere forte vecchio e ricco è stato, sì, sostituito, ma da uno giovane e allo stesso modo ricco. Le tre parole non certo sono servite gli ultimi della società, che sono rimasti ultimi e poveri come prima!

Ed è un marchio indelebile, di cui i transalpini sono orgogliosi, quella triade che continua a rafforzare la loro “grandeur”, usandola sia in patria, sia in giro per il mondo, imponendo con forza restrizioni e regole: vedi il franco africano e il neocolonialismo, che continuano a salvare la Francia sia economicamente che politicamente da un fallimento che farebbe sorridere la Grecia. Regole un po’ diverse da ciò che affermano le tre parole famose.

È di questi giorni un altro esempio di come queste parole abbiano così tanta importanza: il presidente che avrebbe dovuto portare la Francia a essere ancora più grande si è beccato le giuste osservazioni del membro croato della presidenza della Bosnia, Zeljko Komsic, riguardo alle ultime assurde parole dette dal transalpino. Il quale aveva affermato che la Bosnia è una bomba a orologeria ai confini dell’Europa per quanto riguarda il terrorismo islamico. La risposta è stata: «Abbiamo situazioni più impellenti qui in Bosnia rispetto agli jihadisti di ritorno. Pensino a casa loro: hanno problemi ben più gravi in Francia, con tutti i diversi tipi di ideologie e gruppi estremisti che si ritrovano». Intervista rilasciata al Financial Times, in cui ha invitato Macron: «Venga a Sarajevo a toccare con mano i nostri sforzi e i risultati che stiamo ottenendo in merito al terrorismo».

Il presidente bosniaco si riferisce a ciò che accade in Francia contro i musulmani ormai da anni, contro quella viscida islamofobia che sta aumentando considerevolmente. E non solo: il transalpino incassa l’accusa che la Francia sia come i talebani mossa dal ministro del Marocco per i diritti umani, Mustapha Ramid: «Entrambi vogliono imporre un certo abbigliamento alle donne: ciò costituisce una violazione della libertà». Il ministro africano si riferisce alle leggi in corso d’opera, che vogliono vietare alle mamme musulmane con il velo, di avvicinarsi alle scuole dei figli.

E come si fa, leggendo questo, ad avere nel motto della repubblica quelle tre famose parole? In questo clima avvelenato i musulmani francesi sono presi di mira in continuazione e sono usati, come anche in Italia, come valvola di sfogo per coprire le malefatte dei governi di turno e dare forza ai movimenti reazionari razzisti e anti-europei. Incolpare un altro è la migliore soluzione per scrollarsi di dosso il proprio fallimento. E questo i musulmani francesi dovrebbero iniziare a percepirlo, e dovrebbero reagire non con manifestazioni che non portano a nulla, come quella svoltasi ieri a Parigi contro l’islamofobia, ma nemmeno con la violenza. Le manifestazioni creano disagi e alla fine, con le strumentalizzazioni mediatiche, porteranno il popolo a pensare in modo diverso e a reagire  contro chi manifesta. Non siamo più negli anni Sessanta.

I musulmani francesi dovrebbero guardare più se stessi per uscire da questa situazione. Nel Regno Unito i musulmani hanno cercato non di integrarsi, ma di assimilarsi e uguagliarsi agli inglesi. Sono riusciti a essere parte del sistema inglese. Non hanno portato il loro Paese in Inghilterra, non hanno continuato le loro usanze, ma hanno dimostrato che la tradizione può essere contaminata. Infatti, oggi abbiamo sindaci, onorevoli, giudici e la classe produttiva borghese inesorabilmente mescolata e indissolubile con quella anglosassone.

I musulmani evidentemente non hanno bisogno di imitare gli altri. Se questi ultimi fossero dei bravi maestri, potremmo prendere qualcosa da loro, ma se dicono «fratellanza, uguaglianza e libertà» e fanno tutt’altro, non sono certo dei buoni esempi. Noi, musulmani, siamo europei, abbiamo i diritti e doveri da europei, e non da stranieri, e come tali dobbiamo farci rispettare. Il problema della islamofobia francese non è circoscritto al Paese della Bella Èpoque, ma si trasferisce anche qui da noi, e la soluzione è di sentirsi italiani ed europei. Cittadini con eguali diritti, doveri e tradizioni. Fino a che il cittadino vede lo straniero nel musulmano, quest’ultimo non avrà mai i diritti che manifestava ieri nella Capitale francese. Non sarà mai interprete di quelle parole famose di cui si fregiano i francesi, senza poi metterle in pratica. Ecco perché non bisogna imitare gli altri: rischieremo anche noi di far sorridere qualcuno quando si noterà che le parole “libertà, uguaglianza e fratellanza”‘ non hanno nessun senso per quello che facciamo.

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