L’arte non conosce frontiere: Intervista a Gianfranco Meggiato

Il Daily Muslim ha avuto il piacere di intervistare il celebre artista veneziano Gianfranco Meggiato. Conosciuto a livello internazionale, a partire dal 1998 Meggiato partecipa a esposizioni e fiere in Italia e all’estero: USA, Canada, Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Belgio, Olanda, Francia, Austria, Svizzera, Spagna, Portogallo, Principato di Monaco, Ucraina, Russia, India, Cina, Emirati Arabi, Kuwait, Corea del Sud, Singapore, Taipei, Australia.

Grazie alle risposte fornite dall’artista capiamo come l’arte sia un mondo in grado di comunicare su diversi fronti, capace di sconfinare attraverso i suoi messaggi e trovare affinità con realtà geograficamente distanti dalla nostra. Infatti, spiega come spesso il suo modo di operare sia somigliante a quello della cultura arabo-islamica.

1)Qual è la principale fonte di ispirazione nelle sue opere?

Fin da bambino sentivo una particolare inclinazione per l’arte, il disegnare, il modellare, ho studiato scultura per cinque anni all’Istituto Statale d’Arte di Venezia e già a sedici anni ho partecipato ad una mostra in piazza San Marco, organizzata dal comune di Venezia, dove ho presentato la mia prima opera realizzata a scuola: un pannello in pietra traforato su entrambe le pareti, che già conteneva il seme iniziale della mia futura ricerca plastica.

A differenza di molti altri scultori, che abitualmente sono ottimi disegnatori, io non parto mai da un disegno, da un progetto, ma lavoro d’istinto, di getto, modellando direttamente la cera calda.

Per me una delle doti fondamentali è l’ascolto, nel senso che ci si deve porre in un atteggiamento di ricezione in quanto l’artista non è altro che un recettore di energia che riesce poi a trasformare in materia plastica.

In questo mio modo di fare arte ho trovato delle affinità con la cultura araba, dove l’artista islamico non vuole proiettare il suo ego ma, altresì, cerca di partecipare della realtà divina da cui egli riconosce provenire tutta la sua creatività.

Apparentemente potrebbe sembrare una contraddizione che, da un lato voglia essere libero di procedere alla creazione dell’opera senza disegni preliminari che ne vincolino l’esecuzione e però dall’altro voglia farmi guidare dall’energia nella fase di co-creazione delle opere.

In realtà io penso che non c’è niente che renda l’essere umano più realizzato che sentirsi parte di un processo creativo superiore.

Sul significato in generale della mia ricerca artistica posso dire che modello le mie sculture ispirandomi spesso al tessuto biomorfo e al labirinto che simboleggiano il tortuoso e tormentato percorso dell’uomo teso a trovare sè stesso e la propria preziosa sfera interiore.  In questo contesto lo spazio, entra dentro in tutte le mie opere e il vuoto diventa importante quanto e più del pieno, poiché è proprio nel non tangibile che risiedono le cose preziose della vita: i sentimenti, la fede, gli ideali; non li puoi toccare, li puoi solo vivere…

2)Qual è il messaggio ricorrente nelle sue opere?

Spesso al centro delle mie opere c’è un punto di maggior impatto energetico rappresentato da una sfera lucente.
Attorno ad essa si sviluppano reticoli o percorsi tortuosi che si riflettono sulla stessa a significare che tutte le esperienze di vita impattano sulla nostra interiorità più profonda, ma anche ad offrire il messaggio che i momenti apparentemente più negativi rappresentati dai reticoli neri, in realtà possono essere proprio i più importanti in quanto i più funzionali a stimolarci ad un cambiamento e ad una crescita spirituale.

Così come per gli artisti islamici, anche per me sono ancora molto importanti i concetti di bellezza e armonia in quanto specchio del Divino.

Una vita senza bellezza non vale la pena di essere vissuta.

Nelle mie opere c’è sempre un equilibrio formale unito ad un impulso vitale che le rende vive e pulsanti.
Spesso le sculture ruotano su un perno inglobando lo spazio circostante e acquisendo ancora più vitalità diventano così un punto di accumulazione energetica.

3)A Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, perché ha voluto rappresentare la Mano di Fatima? Perché la scelta dei sacchi colorati? Dato il successo de “Il Giardino di Zyz”, ma non solo se pensiamo agli importanti eventi a cui lei ha preso parte, l’arte può essere un filo conduttore tra le diverse culture?

Per me l’arte prima di stare nei musei deve stare tra la gente ed è per questo che negli ultimi anni ho dato molto spazio ad installazioni monumentali poste nelle piazze o in luoghi pubblici particolarmente simbolici.

Nel 2019 a Matera Capitale Europea della Cultura “Il Giardino di Zyz” con i suoi 25×20 metri e con più di 5mila Sacchi colorati con i 7 colori della pace, è stata la più grande installazione di arte contemporanea della manifestazione.

Il Giardino di Zyz è costituito a forma di mano di Fatima o khamsa che è presente in ogni casa del Medio Oriente e rappresenta anche un simbolo di unione tra i popoli visto che è condiviso anche da altre culture come quella Ebraica e Cristiano-Ortodossa.

“Tutto è Uno” è il tema fondante della grande installazione “Il Giardino di Zyz” (Il giardino del fiore) che nel proprio centro, a forma di fiore d’ulivo, riporta la scritta: “Tutto è Uno” nelle trenta lingue più parlate al mondo.

Tra le sei sculture monumentali presenti che costituivano l’installazione, una delle più significative è “L’Incontro” h. 4metri.

“La Vita è fatta di incontri, ma solo quando il tutto diventa uno, tutto ci cambia dentro”

Alla conferenza stampa di presentazione dell’installazione erano presenti i rappresentanti delle tre religioni per sottolineare che appunto “tutto è uno”.

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Ebbene l’anno del Covid19 ci ha fatto capire di quanto quella frase fosse profetica e di come in realtà noi siamo tutti cellule di uno stesso organismo.

La Rivista d’Arte Arte In nel giugno del 2020, in piena crisi pandemica, dedicava la copertina alla mia installazione:

“Oggi – si legge in Arte In- noi possiamo aprire i cassetti dell’anima e sfruttare questo difficile periodo come occasione di crescita e di arricchimento. Sotto tale aspetto la grande mano di Gianfranco Meggiato, aperta nei confronti dell’intera umanità, ci fa comprendere come davvero tutto sia uno (…) e come la salvezza fisica e spirituale di ciascuno dipenda dalla salvaguardia di tale convincimento”.

In un periodo storico in cui la tendenza è la chiusura, il respingere ciò che pare diverso da sé, “Il Giardino di Zyz” è stato un progetto unico, dal forte impatto simbolico, che, oltre a un messaggio di speranza ha rappresentato la volontà, attraverso l’arte, di superare ogni forma di distanza tra i popoli, indipendentemente dall’etnia o dalla religione di appartenenza, sempre nel dialogo e nel rispetto reciproco.

La mia, in ultima analisi è una ricerca sul significato di artista nel mondo contemporaneo, dove la conoscenza dell’altro non può che essere fonte di ispirazione e arricchimento.

4)Ancora, se dovessimo pensare alla sua partecipazione, nel 2009, al “Plaza” di Milano, per il ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino, potremmo dire che l’arte è in grado di abbattere le barriere?

 Visto che niente come l’arte è in grado potenzialmente di superare le barriere culturali e di arrivare all’anima delle persone, l’artista contemporaneo, secondo me, ha la responsabilità di essere attivo nel sociale mediante la sua arte e i messaggi che da essa ne derivano.

L’arte deve ancora essere foriera di messaggi di speranza, crescita spirituale e pace tra le culture perché in realtà consapevoli o non consapevoli, siamo tutti una cosa sola….

Ringraziamo Gianfranco Meggiato per la disponibilità e le splendide foto prodotte da Franco e Paolo Ferraina.

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