I doveri dell’Unione Europea: protezione dei diritti umani e caso Regeni

Il caso Regeni mette a dura prova l’Italia e l’Unione Europea, o meglio i principi di questa.  Se da una parte la procura di Roma ha accusato quattro agenti della sicurezza nazionale del ministro dell’interno egiziano per il rapimento e l’omicidio di Giulio Regeni, dall’altra, secondo una fonte del governo egiziano che ha parlato a Mada Masr, “questa è la fine di qualsiasi trattativa sul caso Regeni. Ormai il caso non sarà più discusso dall’Egitto”.

Di fatto, non c’è mai stata una reale collaborazione sulla questione, ma piuttosto un’insufficiente correttezza e trasparenza nel riportare le informazioni da parte dell’Egitto. Anche adesso si legge una scarsa volontà nel sostenere le schiaccianti accuse ai cinque agenti dei servizi di sicurezza egiziani (di cui uno sembrerebbe essere stato scagionato da ogni eventuale accusa per insufficienza di prove). Insomma, il generale Al Sisi non ha intenzione di cedere.

La procura di Roma ha svolto un eccellente lavoro, ma questo passo non è altro che il primo di altri innumerevoli (che si sarebbero dovuti compiere molto tempo prima). La figura dello Stato e delle organizzazioni sovrannazionali avrebbero dovuto fare la differenza nella celerità e nel garantire la protezione e il rispetto dei diritti umani.

Il punto centrale della vicenda non è nuovo: lo scontro tra diritti umani ed interessi economici. Grazie alle fregate vendute da Fincantieri, il Cairo è sicuramente fra gli acquirenti più di rilievo, confermandosi, il primo cliente dell’industria militare italiana. Il valore attuale delle fregate ultratecnologiche sarebbe di circa 1,2miliardi di euro. Nonostante ciò, sono arrivate anche missive “rassicuranti” in cui il sottosegretario degli esteri italiano ha affermato che la suddetta vendita non avrebbe fatto venire meno la verità sul caso Regeni e la liberazione di Patrick Zaki.

Certo è che le prospettive non sono delle migliori. Per esempio, dopo l’imbarazzante risposta del Cairo alle indagini della procura, il governo italiano avrebbe, forse, dovuto agire con più fermezza e richiamare il nostro ambasciatore Giampaolo Cantini. Sarebbe stato un segnale importante, ma nulla di tutto ciò.

Le cose non vanno meglio nel resto d’Europa, quando la Francia ha deciso di appuntare la Legion d’Onore al Presidente Al Sisi. Ecco allora che tutti i valori propugnati dall’Unione Europea, quali la solidarietà e il rispetto della dignità umana svaniscono nel nulla. Ci si aspettava una reazione diversa, che avrebbe fatto del bene agli italiani, ma sarebbe stato anche un buon segnale in nome di quella Unione Europea che, fra mille difficoltà e contraddizioni, stiamo cercando di costruire.

Ciò che più ci dovrebbe far riflettere è proprio questo: la famiglia di Giulio Regeni merita verità e giustizia, del resto come Italia ed Europa che, invece, continuano a mostrarsi immobili. Allora che senso ha annoverare i diritti umani? Eppure, Italia e Francia furono parte dei sei Stati ispiratori che crearono l’Unione Europea in cui viviamo oggi, ma che adesso sta perdendo di significato.  Mettendo al centro i soli interessi economici, rischia di trasformarsi in una macchina per nutrire le grandi lobby. La linea sottile che separa i valori umani da quelli economici è stata completamente elusa, anche, di recente quando il Presidente Macron ha ricondotto la questione dei diritti umani a una mera “divergenza” di vedute con il suo omonimo.

Dunque, per il dovere e l’obbligo che le istituzioni italiane ed europee hanno nei confronti della famiglia Regeni, dei numerosi trattati firmati per la tutela dei diritti umani e, soprattutto, delle generazioni future che porteranno avanti il progetto europeo, è essenziale far valer questi diritti adesso.

Nel tempo la società civile si è dimostrata proattiva e unita, lo striscione giallo con scritto “Verità per Giulio Regeni” ha fatto il giro del mondo e ha tenuto vivo lo spirito di giustizia. Che dire poi del recente gesto del giornalista Corrado Augias che restituendo la Legion d’Onore ha definito il suo atto come sentimentale e ha poi aggiunto che si sarebbe aspettato da Macron un “gesto di comprensione se non di fratellanza”. Lo stesso che ci aspettavamo noi. Adesso, però, tocca all’Italia e all’Europa far valere quel principio per la famiglia Regeni e per chi sta attendendo, spasmodicamente, di essere liberato dal carcere di Tora come Patrick Zaki.

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