Dalla Libia all’Egitto: diritti umani calpestati

Dal primo settembre 2020 diciotto pescatori italiani e stranieri, di Mazara del Vallo, sono stati sequestrati in Libia, dopo essere stati fermati dalle motovedette del regime di Haftar. Ciò che a loro viene imputato è di aver oltrepassato il confine in cui la Libia dell’est rivendica quelle acque territoriali come proprie. Alla fine di novembre il vicepremier libico, Ahmed Maiteeg si era mostrato fiducioso e sicuro che un accordo si sarebbe potuto trovare.

Eppure, sono ormai trascorsi cento giorni da quel fatidico primo settembre e le famiglie dei pescatori non hanno ricevuto alcuna notizia né dal governo, né dalla Farnesina. Sembra che il governo stia lavorando sottotraccia da tempo senza fare “rumore”.

In piazza Mokarta, di Mazara del Vallo, i familiari dei pescatori manifestano e chiedono “Liberate i Pescatori”. Interviene anche il vescovo della città ed esorta le autorità affinché vengano liberati, mentre l’Unione Europea asserisce che “Bruxelles è sempre pronta a dare assistenza e aiuto agli Stati membri che abbiano bisogno in merito a problematiche con Paesi Terzi”.

Nonostante le pompose dichiarazione, la realtà dei fatti sembra scoraggiare tutti. Se dovessimo pensare al caso Giulio Regeni e Patrick Zaki, il quadro che si presenta non sarebbe di certo dei migliori. L’Unione Europea non si è dimostrata una vera paladina nella protezione dei due giovani. Eppure, il 19 novembre il Consiglio europeo ha approvato le conclusioni sul piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 e si legge a chiare lettere: “Nessuno dovrebbe essere lasciato indietro e nessun diritto umano dovrebbe essere ignorato”. Ed ancora, il 7 dicembre scorso è stato approvato, sempre dall’UE, il Global Human rights sanction regime allo scopo di prendere di mira individui ed entità responsabili o coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani e abusi in tutto il mondo.

Al momento, però, pare che le priorità siano diverse. Nel giorno in cui è stata prolungata di altri 45 giorni la custodia cautelare di Zaki nel carcere di Tora in Egitto, la Francia ha deciso di concludere un accordo commerciale per la fornitura di armamenti con il Cairo. Il capo dell’Eliseo non ha voluto subordinare la vendita degli armamenti alla questione dei diritti umani. Ha poi spiegato che sulla tematica in questione, con il suo omologo Abdel Fattah al-Sisi, vi erano dei “disaccordi” e che “ritiene più efficace avere una politica di dialogo rispetto a una politica di boicottaggio che riduca l’efficacia di uno dei nostri partner nella lotta al terrorismo e per la stabilità regionale”.

Secondo Amnesty International la Francia è diventata, tra il 2013 e il 2017, il principale fornitore di armi dell’Egitto. Ha consegnato 1,4 miliardi di dollari di armamenti e dunque: jet da combattimento, veicoli corazzati, navi da guerra, ecc.

In questo, anche noi italiani non siamo un chiaro esempio di democrazia. L’Italia ha infatti confermato i rapporti commerciali con l’Egitto in fatto di armamenti. Secondo Amnesty, pare che l’Italia fornirà due fregate militari al Cairo ed insieme a Rete italiana Pace e Disarmo ricordano: “non solo il buon senso e un giusto rispetto delle norme e dei principi riguardanti diritti umani, ma anche la stessa legge italiana sull’export di armi così come i Trattati internazionali firmati dall’Italia impedirebbero la vendita di armamenti a uno stato come l’Egitto, il cui governo viola sistematicamente diritti umani ed è coinvolto nel conflitto in Libia”.

La questione dei diciotto pescatori è aggravata dal fatto che ad oggi la Libia è un paese diviso, caratterizzato da diverse contraddizioni interne. Le denunce sono plurime non solo nella Libia post-Gheddafi e in Egitto, che sono costellati da questi tristi eventi. Eppure, nonostante i molteplici impegni presi in campo europeo, tenendo conto del diritto internazionale e dei trenta articoli della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, sembrerebbe che il godimento e il numero dei diritti, di alcuni individui, siano stati fortemente ridimensionati. I diritti umani stanno diventando, purtroppo, un concetto elastico e multiforme a seconda di chi li calpesta.

Chi ha l’autorità su quelle acque è una domanda fondamentale per proteggere e riportare a casa i nostri connazionali. La comunità europea, in virtù dei recenti impegni, ha il dovere di intervenire, poiché nessuna autorità internazionale ha riconosciuto quell’area come una Zona Economica Esclusiva libica.

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