Racconti da Gaza (V parte): il viaggio sull’autobus per Gaza

«Ero in pieno territorio occupato: Ashkelon» continuò Lela, ma la sua voce non era più squillante, il tono si affievoliva e s’incupiva, come se all’improvviso qualcosa l’avesse nascosta al mondo. Come se un lenzuolo scuro caduto da chissà dove, in un colpo solo l’avesse fatta sparire.

Mi fermai e ponendomi davanti a chiuderle il cammino, cercai di capire. Ma pareva che davvero un  velo ci separasse. Sembrava si fosse rinchiusa in se stessa, e guardandomi mi fece un cenno  a palmi aperti in senso circolare come se si stesse allontanando da qualcosa: «Non auguro a nessuno di viaggiare da solo in quei luoghi e in quei posti».

Abbassò lo sguardo e frugò nella borsa, tirò fuori accendino e sigaretta. Con lentezza portò la mano vicino l’altro capo della sigaretta, girò la rotella, la fiamma si accese e una sbuffata di fumo ricoprì la scena, proprio come la sensazione del lenzuolo che avevo sentito poco prima. Inspirò e la sentii distendersi mentre quel fumo le giungeva ai polmoni.

«Dovevo chiedere a qualcuno, ma già sapevo che la mia domanda sarebbe stata assai pericolosa, ad Ashkelon se chiedi da dove parte il bus per Erez, lo fai per il semplice motivo di entrare a Gaza, e lì, fidati, Raffaello, era pieno di soldati che mi guardavano con occhi infuocati neanche fossi il peggiore dei mafiosi». Mi disse questo e, io mentre immaginavo il fumo che le scendeva nei polmoni, m’irrigidii al suono delle sue parole.

«Nessuno mi dava retta e nessuno mi diceva nulla, come se fossi un’appestata, mi allontanavano tutti». Un altro tiro e mi fece cenno di seguirla  nel racconto:«Dovevo sbrigarmi perché sapevo che non avevo tempo; mi faccio coraggio e mi avvicino a una ragazza che capisco, è una militare di leva, chiedo: “Ciao sono italiana, puoi dirmi da dove parte l’autobus per Erez?”. Mi fa un cenno con la mano, senza scomporsi, come se avesse ribrezzo a parlare con me e m’indica un marciapiede con un autobus».

Io in silenzio. Non parlai più fino a che non giungemmo alla macchina e la salutai augurandole buon viaggio e un saluto caro all’amata Gaza. Dopo qualche giorno sarebbe ripartita.

Il racconto di Lela proseguì:«Arrivo davanti l’autobus e chiedo: “Questo va a Erez?”. L’autista si volta di scatto, e mi squadra dalla testa ai piedi, fin dove riesce a vedermi, e mi fa cenno di salire; salgo e senza guardare infondo, non avevo il coraggio di farlo, mi accomodo subito sul lato destro dell’autobus, vicino il finestrino, mentre sistemo il mio trolley, due soldati salgono, uno si posiziona due sedili dietro di me, e l’altro tre sedili alla mia sinistra, si volta nella mia direzione, e inizia a fissarmi. Fa un cenno all’autista e questo mette in moto e parte. Durante il viaggio ho tenuto fermo e fisso lo sguardo sempre di fronte a me, come se avessi il collo bloccato da qualcosa, ero rigida e impietrita. La coda dell’occhio si volgeva a sinistra e il soldato aveva sempre il suo sguardo puntato verso me, come volesse controllarmi, forse stava aspettando qualche mio gesto per fare qualcosa? Non lo so, ma riuscivo a percepire il suo disprezzo e la sua rabbia nei miei confronti, mentre alle mie spalle, oltre il respiro dell’altro, udivo sghignazzare altre voci, e capivo perfettamente che erano rivolte a me. Ero l’unica che non fosse un militare in quell’autobus».

E poi:«Il viaggio sembrava non finisse mai, mi sentivo scoppiare per tutto quell’astio che quei ragazzi emanavano dai loro sguardi; potevano avere vent’anni, non più. Non c’è la facevo più, ero stanchissima e non riuscivo mentalmente a sostenere quella situazione, mentre pensavo, vidi che l’autobus si fermò».

Si fermò anche lei un attimo e prese tempo con un forte sospiro. Lo fece forse due o tre volte e mi raccontò dicendomi che ogni breve periodo l’autobus si fermava per i check point militari che controllavano ogni mezzo che passasse da quella strada. Situazione veramente surreale. Arrivammo alla macchina, io e Lela, e lei si appoggiò all’auto lasciandosi andare come volesse liberarsi del peso che le rimaneva da raccontare.

(continua) 

Le altre puntate

Facebook Comments Box