COVID-19, Iran secondo alla Cina per numero di decessi

Come denunciato più volte anche dal nostro sito, la gestione iraniana dell’aspetto sanitario del COVID-19, la malattia generata dal nuovo coronavirus (il cui nome scientifico è SARS-CoV-2),  risulta finora controproducente. Il punto è che l’Iran non ha potuto fare a meno di denunciare il numero di vittime, dichiarando però un numero di contagiati nettamente inferiore rispetto ai decessi, producendo così un’anomalia statistica tale da generare forti preoccupazioni nella comunità internazionale. Per questo motivo il conteggio delle vittime ufficializzate è schizzato a 66, ma non si può ancora tenere conto in modo affidabile dei contagi. Solo questo numero è allarmante, perché porta la nazione della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, al secondo posto nella triste classifica dei decessi nel mondo per colpa del virus, che vede ovviamente al primo posto il centro del contagio, la Cina.

Un elemento che fa riflettere sulla gestione della diffusione del COVID-19 è il fatto che ben due elementi di spicco del governo di Rohani sono stati contagiati: si tratta del ministro della Salute, Iraj Harirchi, e della vicepresidente Masoumeh Ebtekar. Delle ultime ore è anche la notizia che un terzo elemento, considerabile un braccio destro di Khamenei, sia invece deceduto per colpa della malattia. Si tratta di Mohammad Mirmohammadi, 71 anni, membro del Consiglio per il Discernimento, organo nato per dirimere le dispute tra il parlamento e il Consiglio dei Guardiani, ma soprattutto con un ruolo consultivo per la Guida suprema.

Come più volte denunciato da più parti, è forse il caso di mettere da parte l’orgoglio e la volontà di punire il paese per il suo comportamento in ambito internazionale e valutare quali siano le migliori misure da intraprendere per arginare il propagarsi della malattia.

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