La signora dell’Islam, un esempio di emancipazione femminile nell’Islam

Contro i soliti detrattori – maschi e femmine – dell’Islam che accusano i musulmani di sciovinismo e considerano i maschi musulmani dei misogini capaci di schiavizzare mogli e figlie si erge una figura femminile, fulgida e cristallina come pura acqua di montagna. Si tratta di Sua santità Khadijia al Khubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, la prima moglie del santo Profeta, la pace e le benedizioni su di lui, ed anche il primo fervente musulmano a credere nella missione profetica del marito. Il decimo giorno di Ramadan segna la triste data della dipartita da questo mondo di sua santità Khadijiat ul Khubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, ma è anche una data che segna la santificazione di questa donna meravigliosa.

In una società in cui le figlie femmine venivano sepolte vive per mero egoismo ed avidità sua santità Khadijiat al Khubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, nacque in una famiglia nobile, ricchissima ed illuminata dando alla giovane istruzione e posizione sociale. Rimasta due volte vedova si trovò ad amministrare un immenso patrimonio per quei tempi, non certo facili per gli uomini, figurarsi per le donne. È bene notare che questo stato di cose per le donne non sussisteva solo nella penisola Arabica ma in tutto il mondo, tranne poche eccezioni. Di stirpe reale, il padre, al Khuwaylid era un ricco ed abile commerciante. Le due vedovanze la lasciarono ancora più ricca tanto da guadagnarsi appunto il titolo di al-Kubra, la Grande, appunto per il suo ragguardevole patrimonio.

Fu appunto per gestire al meglio il suo patrimonio che decise di avvalersi dei servigi di Al-Amin, il Fidato, cioè di Muhammad, la pace e le benedizioni su di lui, la cui fama di onestà e rettitudine morale erano fuori discussione fra i Quraish e nella penisola Araba. Molti ricchi di Mecca lasciavano le loro ricchezze in conto deposito al santo Profeta, la pace e le benedizioni su di lui, addirittura dopo quando divenne oggetto dell’ostracismo dei Quraish di Mecca. Lei donna matura nei suoi 45 anni, lui giovane di 25 anni ma maturo con una solida reputazione, bello e dai modi gentili erano da qualche tempo in rapporto d’affari, quando sua santità Khadijiat al Khubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, fece lei per prima la proposta di matrimonio al santo Profeta, la pace e le benedizioni su di lui. Lui accettò. Anni più tardi ricordando la prima moglie il santo Profeta, su di lui la pace e le benedizioni, disse: “Ha creduto in me quando nessun altro lo faceva; ha accettato l’Islam quando le persone mi hanno rifiutato; mi ha aiutato e confortato quando non c’era nessun altro a darmi una mano“.

Siccome la biografia di questa grandissima ed eccezionale figura femminile è facilmente accessibile da varie fonti non ritengo utile riproporla anche in queste colonne. Mi interessa piuttosto richiamare l’attenzione sull’atteggiamento di questa donna di 45 anni, è vero ricca ed indipendente in una società dominata da maschi, che si propone in matrimonio ad un “ragazzo” di venti anni più giovane di lei anch’egli di stirpe nobilissima ma certo non ricco. Una donna in un società allora come ora dominata da maschi con regole ferree accentuate da regole tribali che oggi suonano incomprensibili, tanto che ebrei e cristiani dell’epoca mai avrebbero pensato che un profeta, l’ultimo e tanto atteso profeta sorgesse da quel popolo così rude che trovava solo nella poesia momenti di pacificazione. Lo prova il fatto che in quel periodo la penisola Arabica era soprattutto popolata di ricchi ebrei che sapevano dalle loro scritture che il nuovo profeta sarebbe sorto in quelle zone.

Questa donna ricca e potente non solo sfidò le convenzioni sociali dell’epoca che tutto sommato non sono molto diverse da oggi ma si trasformò in vera moglie e vera madre. Basti pensare ai pettegolezzi (gossip) da riviste per donne sulla tal attrice sul viale del tramonto che ha un compagno ben più giovane di lei, tanto che alcuni giornalisti hanno inventato il termine grottesco e raccapricciante di “toyboy” (ragazzo giocattolo, secondo Oxford Languages, è un amante maschio di una donna molto più avanti negli anni). Se oltre dopo 100 e più anni di movimento di liberazione della donna le donne mature vengono svilite di fatto da un’espressione che sconvolge la purezza dell’amore fra due persone trasformandolo in una pura accezione sessuale c’è da chiedersi a che cosa sia servito il sacrificio di tante “suffragette”.

Lungi da me assumere uno stile patriarcale, forse un poco desueto ai nostri giorni, per enfatizzare il ruolo di moglie e madre. Ma non ci si può esimere nel tracciare un paragone fra una donna del giorno d’oggi ed una donna di 1500 anni fa. Infatti vorrei far riflettere sul fatto che con gli attuali mezzi moderni della medicina una gravidanza oltre i quaranta anni era ed è ancora una gravidanza a rischio. Sua santità Khadija al Kubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, affrontò varie maternità (sette per l’esattezza dando alla luce tre maschi, tutti morti in giovane età e quattro femmine) con tutti i rischi che esse comportavano a quei tempi. E lo fece con l’amore e la dedizione che solo una donna veramente innamorata e rispettosa del proprio marito può fare. Questa donna nobile e ricca avrebbe potuto far adottare uno o più figli ed assicurarsi una vita dorata con un marito bello, gentile ed onesto. Ma ella fu moglie a tutto tondo divenendo madre esemplare e mai fece pesare il divario di ricchezza e potere al giovane ed onestissimo marito. Non solo ma quando il santo Profeta, la pace e benedizioni su di lui, ritornò incredulo e scosso dal suo primo incontro con sua santità Gabriele, Jibrail, Alaihi Wa Sallam, lei fu la prima a credergli e si consultò con uno zio cristiano per comprendere l’accaduto e consolare il marito. Una volta accertata l’evidenza dei fatti divenne, lei donna, la prima dei credenti e non lo fece per dovere coniugale ma per convinzione. La prova è nel fatto che condivise tutte le successive tribolazioni e vessazioni inventate ed attuate dai politeisti Quraish per combattere il santo Profeta, su di lui la pace e le benedizioni, divenuto per loro un pericoloso problema. Le sanzioni economiche, politiche e militari non sono una novità dei giorni nostri ma furono applicate con severità crescente al santo Profeta, la pace e benedizioni su di lui, alla sua famiglia ed al suo clan, i Bani Hashim, a tal punto da impoverire la ricchissima Kadijia al-Kubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, e presumibilmente ne sfiancarono la salute. Ricordo che i Bani Hashim dovettero ritirarsi in una valle e messi alla fame ed alla sete nei rigori del deserto di pietra che circonda Mecca. Sua santità Khadijia al Kubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, morì a questo mondo nel 619 dC all’età di 65 anni il decimo giorno di Ramadan, la sua morte, cui seguì pochi mesi dopo la morte di Abu Talib, lo zio del Santo Profeta, su di lui la pace e le benedizioni, – che lo allevò, orfano, come un figlio – segnò un anno ricordato come “anno del dolore”.

Quando qualcuno si avventurasse a leggere la storia biografica (seerat un Nabi) del santo Profeta, su di lui la pace e le benedizioni, ed incontra i riferimenti alla sua santa prima moglie, Khadija Al Kubra, Radi Allahu Ta’ala Anha, cerchi di fare un viaggio nel tempo a ritroso di oltre 1443 anni e pensi cosa ha voluto dire per una donna che aveva tutto, ricchezza, nobiltà, fama ed onori ed una famiglia meravigliosa arrivare a spendere tutto per una vita volta a supportare un marito, bello, nobile ma squattrinato, vittima dell’ostracismo di una comunità che lo considerava pazzo e pericoloso, tanto da volerlo vedere morto! Poi faccia un ritorno rapido ai nostri tempi e si chieda quante mogli, ricche e famose, oggi sarebbero disposte a fare altrettanto. Quanti uomini e quante donne oggi hanno perso interesse per l’Islam soffocati dalle perplessità e dai timori di perdere chissà che cosa, del tutto ignari delle virtù di una donna meravigliosa come hazrat Khadijia Al Kubra, Radi Allahu Ta’ala Anhu, vissuta quasi 1500 anni fa facendo scelte che sono considerate attuali.

Facebook Comments Box