HRW attacca l’Arabia Saudita sull’epurazione dei lavoratori yemeniti

a cura di Sarah bint Saba

Dal luglio 2021 , le autorità saudite hanno iniziato a rescindere o a non rinnovare i contratti per i dipendenti yemeniti, ha affermato Human Rights Watch, questo potrebbe costringerli a tornare in Yemen, nonostante la crisi umanitaria. Le autorità saudite dovrebbero sospendere questa decisione e consentire agli yemeniti rimanere in Arabia Saudita, nonché permettere loro di lavorare lì.

A luglio, i media sauditi hanno riferito che Qiwa, la piattaforma gestita dal Ministero delle risorse umane saudita, ha rilasciato una dichiarazione richiedendo alle aziende di limitare la proporzione dei propri lavoratori di diversa nazionalità, compreso un massimo del 25% di nazionalità yemenita. Secondo “Reuters”, a metà tra luglio/agosto, è iniziata la cessazione di massa dei contratti di lavoro destinati a un numero imprecisato di yemeniti in Arabia Saudita, costringendo i lavoratori che non trovano un altro datore di lavoro come garante a lasciare il paese o ad affrontare l’espulsione. Espulsione che potrebbe significare per gli yemeniti un reale pericolo per le loro vite.

“Le autorità saudite stanno licenziando i dipendenti yemeniti e minacciando di rimandare con la forza centinaia, forse migliaia di persone, al conflitto in corso e alla crisi umanitaria nello Yemen”, ha affermato Afrah Nasser , ricercatore yemenita presso Human Rights Watch. “L’Arabia Saudita cerca sempre elogi per il suo “contributi” in Yemen, ma questa decisione mette molti yemeniti in grave pericolo”.

L’Arabia Saudita ha contribuito alla crisi umanitaria nello Yemen a causa delle ripetute violazioni delle leggi di guerra, commesse dalla coalizione guidata dai sauditi stessi, che hanno esacerbato la catastrofe in corso e distrutto le infrastrutture del Paese.

Il 23 agosto, la “Federazione mondiale delle comunità dello Yemen” ha denunciato via “Facebook” che, secondo informazioni non confermate, il nevo continua a prendere di mira il lavoro yemenita nelle città partendo dal sud, ed iniziando con gli intellettuali, nel tentativo di assorbire lo stato di rabbia popolare nei confronti di queste decisioni arbitrarie”.

Ad agosto Human Rights Watch ha intervistato dieci operatori sanitari e cinque accademici yemeniti, che lavorano in diverse regioni dell’Arabia Saudita, nonché una organizzazione internazionale per i diritti umani degli operatori sanitari yemeniti. Tutti gli intervistati hanno chiesto che la loro identità fosse nascosta in anonimato, per paura di rappresaglie. Human Rights Watch ha anche esaminato i documenti dei datori di lavoro sauditi agli yemeniti, relativi alla risoluzione del contratto o al rifiuto di rinnovarlo.

Tutti i 15 dipendenti yemeniti hanno dichiarato separatamente a Human Rights Watch, che il ministero saudita delle risorse umane e dello sviluppo sociale ha deciso in segreto di rescindere o impedire il rinnovo dei contratti di lavoro. Hanno detto inoltre che solo gli yemeniti sono stati presi di mira, e che le altre nazionalità non sono state colpite. Hanno anche affermato che un numero crescente di yemeniti, da loro conosciuto, aveva riferito di aver subito il medesimo trattamento e di essere informato in merito al licenziamento e/o del rinnovo contrattuale rifiutato. Tale epurazione sarebbe riservata anche a yemeniti nati in Arabia Saudita, agli yemeniti sposati con donne saudite, e anche agli adulti figli di un solo genitore Yemenita.

A metà agosto, la Yemen Doctors in Diaspora Association, una rete internazionale che lavora per sensibilizzare sui diritti degli operatori sanitari yemeniti, ha dichiarato a Human Rights Watch che centinaia di sanitari licenziati in Arabia Saudita avevano contattato l’associazione, e che la perdita del lavoro li mette a rischio di espulsione nello Yemen.

Circa la metà degli yemeniti intervistati ha affermato di essere stata informata oralmente del licenziamento, dal datore di lavoro saudita. Un dentista yemenita, impiegato dal 2015 nel sud dell’Arabia Saudita, ha dichiarato che il suo sponsor lo ha invitato il 10 agosto per informarlo della cessazione della cooperazione professionale, e che avrebbe ricevuto due miseri mesi di stipendio come buona uscita di fine servizio.

Un accademico yemenita, impiegato dal 2015 in un’università saudita, ha dichiarato di essere stato convocato per la rescissione contrattuale dal  dipartimento delle risorse umane dell’università.

Un medico yemenita che lavora a Medina dal 2017, ha dichiarato di aver ricevuto una e-mail dalla sua organizzazione contenente l’informazione del mancato rinnovo contrattuale a metà ottobre. Un medico, impiegato a Riyadh dal 2015, ha affermato di aver ricevuto un documento simile dal dipartimento delle risorse umane del suo ospedale.

Tutti i lavoratori yemeniti intervistati hanno affermato che la risoluzione dei loro contratti avrebbe gravi ripercussioni sui loro mezzi di sussistenza e sulla residenza in Arabia Saudita. Perdere il lavoro avrebbe anche impedito loro di provvedere alle famiglie in Yemen, che dipendono finanziariamente da loro. Gli yemeniti hanno affermato che con la crisi umanitaria in Yemen, considerata la peggiore al mondo, sarebbe impossibile per loro ricostruire la propria vita se tornassero in patria.

Il 23 agosto, Martin Griffiths, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha dichiarato: “Di recente sono pervenute notizie che le rimesse in denaro dall’Arabia Saudita verso lo Yemen potrebbero essere a rischio, e questa è ovviamente una fonte di reddito fondamentale per molte persone”. Ha dichiarato, inoltre, che tali rimesse dovrebbero essere protette.

Il 14 agosto, l’associazione “ Yemen Doctors in Diaspora ” ha lanciato una petizione chiedendo alle autorità saudite di riconsiderare la decisione e garantire che siano concesse le esenzioni umanitarie. L’Arabia Saudita non ha leggi o regolamenti per chiedere asilo nel paese.

Il governo yemenita ha affermato che nel 2020 c’erano più di due milioni di yemeniti che lavoravano in Arabia Saudita. Le rimesse sono un pilastro vitale dell’economia devastata dello Yemen. Nel 2017, la Banca Mondiale ha stimato che le rimesse inviate dagli yemeniti in Arabia Saudita ammontavano a 2,3 miliardi di dollari all’anno. Le rimesse inviate dall’Arabia Saudita rappresentavano il 61% del totale delle rimesse inviate dall’estero, secondo il Ministero della pianificazione e della cooperazione internazionale dello Yemen nel 2018. Nel giugno 2020, Mark Lowcock, ex sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha descritto le rimesse come “la più grande fonte di valuta estera nel paese degli ultimi anni”, e che “hanno fornito un’ancora di salvezza a milioni di persone”. Le rimesse sono diminuite dall’inizio dell’epidemia di coronavirus.

Il governo saudita dovrebbe firmare e ratificare la Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e la Convenzione internazionale del 1990 sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, ha affermato Human Rights Watch, con gli standard internazionali e stabilendo procedure di asilo eque per i cittadini stranieri che potrebbero essere a rischio di persecuzione nei loro paesi d’origine. Nel frattempo, l’UNHCR dovrebbe poter esercitare il suo mandato per determinare lo status di rifugiato per i richiedenti asilo, ed attuare soluzioni durevoli per coloro che sono riconosciuti come rifugiati, compresa, se del caso, l’integrazione in Arabia Saudita.

“La morte di molte persone in Yemen a causa della crisi umanitaria è già molto grave, senza che le autorità saudite adottino politiche che potrebbero portare al ritorno forzato di numerosi yemeniti in condizioni così terribili”, ha affermato Nasser, “dove a causa del conflitto in corso e della crisi umanitaria le loro vite sarebbero a rischio”.

Nella copertina la risposta della cassa reale saudita all’interpellanza di HRW

( Ignori gli yemeniti che vengono uccisi dalla milizia Houthi, e non ti interessa la morte degli yemeniti che vengono spostati nelle loro terre dalla milizia. Non ti interessa della morte dei siriani e degli iraqeni, ma parli di Arabia Saudita, con una storia che è menzogna e ipocrisia, sei immorale. Principe Sattam bin Khalid Al Saud )

 

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