Con la nuova amministrazione, gli Stati Uniti ripristinano gli aiuti ai palestinesi che Trump aveva bloccato; conferma data dall’ambasciatore statunitense Richard Mills presso le Nazioni Unite.
L’ambasciatore ha anche detto che in questo modo si potrà meglio mantenere la pace e raggiungere l’obbiettivo delle “due nazioni“, cui ha fatto eco l’ambasciatore israeliano, dicendo che la soluzione si può trovare solo attraverso i negoziati.
L’ambasciatore ha anche riferito che l’amministrazione Biden continuerà il lavoro iniziato da Trump per cercare di convincere altri Paesi arabi e musulmani a normalizzare con Israele.
A Washington intanto molti democratici, hanno iniziato a criticare Israele per non aver vaccinato i palestinesi; il pensiero dominante è che ci sono preoccupazioni per la distribuzione incompleta dei vaccini israeliani anti COVID-19 ai palestinesi, perché le differenze tra positivi e negativi è più alta tra i palestinesi lasciati nell’oblio che per gli israeliani.
Joaquin Castro ha riferito a Haaretz che si loda Israele per aver subito compiuto una vaccinazione di massa, ma è delusa e preoccupata dell’esclusione dei palestinesi che vivono sotto occupazione da parte del governo occupante.
Marie Newman, deputata dell’Illinois, è stata la prima legislatrice democratica a criticare Israele per non aver concesso ai palestinesi l’accesso ai vaccini mentre lo faceva ai coloni ebrei.
Entrambe hanno detto in sostanza che Israele è obbligato dalle leggi internazionali e la responsabilità ai sensi del diritto internazionale a trattare i palestinesi allo stesso livello degli israeliani e fino alla scorsa settimana, la Newman è stata l’unica che ha commentato pubblicamente la questione.
Anche l’organizzazione politica filo-israeliana J Street ha esortato Israele ha essere all’altezza del suo obbligo legale e morale di lavorare con le autorità della Palestina per assicurarsi che tutti i cittadini dei territori su cui governa devono essere trattati nello stesso modo, siano coloni o siano palestinesi.
