Covid-19, Indicazioni operative ad interim per la gestione di strutture

Libyan navy personnel patrol off the coast of the eastern city of Benghazi during a ceremony marking the second anniversary of the start of the Libyan revolution at Tahrir Square on February 17, 2013. Security forces were on high alert across Libya as the north African nation marked two years since the start of the revolt that toppled Moamer Kadhafi after four decades of iron rule. AFP PHOTO/ABDULLAH DOMA (Photo credit should read ABDULLAH DOMA/AFP/Getty Images)
“Una catena è forte quanto il suo anello più debole”. Parole di Christiaan Barnard, scelte dallIstituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (INMP)  come epigrafe delle “Indicazioni operative ad interim per la gestione di strutture con persone ad elevata fragilità e marginalità socio-sanitaria nel quadro dell’epidemia di COVID-19“. Un modo per ribadire che non si può affrontare questa emergenza sanitaria senza guardare anche agli “ultimi” e a quanto la loro condizione sia indissolubilmente legata a quella di tutti gli altri.  
 
In particolare, il documento pubblicato la scorsa estate e recentemente aggiornato dall’INMP, prende in considerazione due categorie di vulnerabili. Da un lato, i cittadini migranti  (anche minori non accompagnati) si trovano nelle strutture di prima e seconda accoglienza o nei centri per il rimpatrio, dall’altro le persone italiane e straniere senza fissa dimora o che abitano in insediamenti informali e in edifici occupati, soggetti particolarmente difficili da raggiungere e da trattare.   
 
Le indicazioni operative vogliono fornire “procedure chiare e facilmente applicabili, coerenti con il complesso normativo prodotto in Italia nel periodo dell’emergenza per COVID-19 e che si basino sull’evidenza e sulle buone prassi, al fine di ridurre il rischio di infezione o contenerne la diffusione nelle fasce più vulnerabili della popolazione”. Sono destinate a chi è a vario titolo responsabile di queste comunità: asl, prefetture, Comuni, gestori dell’accoglienza ed enti del terzo settore.  
 
Gli interventi di prevenzione, l’individuazione precoce dei casi sospetti di infezione e presa in carico si adeguano alle diverse classi di rischio, che a loro volta vengono definite in base ai luoghi abitati, alla mobilità tra questi e l’ambiente esterno, alle condizioni di salute preesistenti e alla fascia d’età. Tutte variabili prese in considerazione dall’INMP che definisce poi “le azioni da intraprendere affinché nei setting di accoglienza e in quelli a organizzazione scarsa o nulla in cui si erogano servizi essenziali si possa operare in sicurezza nei confronti del virus, mitigando il rischio e individuando precocemente eventuali casi o cluster epidemici”. 
 
Dalla valutazione del rischio si passa alla riorganizzazione delle attività e all’adattamento dei locali, ma grande importanza hanno anche la formazione degli operatori e l’educazione sanitaria degli ospiti, così come il flusso informativo da garantire tra questi luoghi e i servizi sanitari. Sono tutti interventi da “personalizzare” nei diversi setting secondo due procedure identificate da INMP, una per l’accoglienza organizzata in comunità aperte e chiuse, l’altra dove l’organizzazione è scarsa o nulla e “dove le azioni preparatorie, per primo l’ingaggio della società civile e del terzo settore, giocano un ruolo centrale”. 
 
Le indicazioni operative sono state realizzate in collaborazione con l’ANCI, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero dell’Interno, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il Dipartimento delle Politiche Antidroga e il Dipartimento della Protezione Civile. “Sono ad interim – sottolinea INMP – proprio perché fortemente legate alla situazione epidemiologica attuale e, quindi, suscettibili di variazioni conseguenti al variare dell’epidemiologia stessa del nuovo coronavirus”.
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