La denuncia si archivia perché lei è musulmana e i computer non hanno Facebook

Tutto ha inizio con le scorse elezioni, dove Assia Belhadj si candida nella lista “Il Veneto che vogliamo” e nelle foto dei “santini elettorali” indossa il velo.

Assia Belhadj è musulmana e rispetta i dettami della fede. Non di certo è obbligata a fare qualcosa contro voglia, come ancora molti italiani ignoranti e babbei credono e predicano senza conoscere. Pensano di sapere solo perché qualche politico più ignorante di loro e i media che cavalcano l’analfabetismo funzionale per vendere qualche copia in più, raccontano fandonie sulla “schiavitù” delle donne musulmane.

La foto di Assia fa il giro del web e innumerevoli sono i commenti sotto  quell’immagine. Ci sono quelli favorevoli e quelli contrarti, com’è giusto che sia, ma ci sono anche quelli degli ignoranti analfabeti che insultano la candidata solo perché ha il velo ed è musulmana.

Più di 100 commenti che dimostrano , a fine racconto ne avremo la conferma, come l’Italia sia ancora un Paese da terzo mondo ancorato alla Santa Inquisizione medioevale: Assia viene subito abbandonata dalla lista che l’ha iscritta per le elezioni, come se fosse un peso e una zavorra, perché è diversa: è musulmana e indossa il velo. Da fastidio agli elettori e politici per bene della sinistra.

La sinistra che si schiera e aiuta i musulmani promettendo uguaglianza e chiedendogli il voto e il sostegno? Chiedono ma se un giorno, una volta noi abbiamo bisogno di un aiuto, siamo scaricati per paura di perdere il consenso, infischiarsene dei diritti di ogni singolo cittadino italiano?

La sinistra che dice di essere al di sopra delle righe e poi si allinea al consenso diseducativo di molti connazionali? La sinistra che fa l’occhiolino ai musulmani solo per dirsi “multiculturale”, ma poi è più razzista di quelli di Forza Nuova?

La sinistra che vuol apparire libera, progressista e moderna, ma poi è invece, peggio dei più conservatori, reazionari movimenti di pensiero di tutti gli ultimi 2 secoli?

E la comunità musulmana che appoggia ciecamente questi partiti si è mai resa conto che viene in continuazione presa in giro? Credo di  no! Anche perché la comunità è stata muta e non ha espresso un parere, una parola in difesa di una sorella.

Comunità che è sempre assente quando un suo membro ha bisogno di essere aiutato. Proprio come gli insegnamenti del più grande dei Maestri sono stati trasmessi. Insegnamenti che valgono solo,  però, nelle letture nelle sale di preghiera; valgono solo quando bisogna parlare bene davanti ad una personalità e far conoscere come l’interlocutore che rappresenta un associazione musulmana sia bravo e attivo; valgono solo quando i media portano in risalto un fatto accaduto ad una donna musulmana e allora s’interviene per apparire sui giornali dicendo che i musulmani sono tutt’altro e aiutano tutte le donne.

Certo, come è successo ad Assia. Questo è stato il suo sfogo che ho raccontato in breve quando abbiamo chiacchierato per avere più informazioni. Ed è stato quest’ultimo grido che più male di tutto il resto. Chi si impone ai vertici della comunità musulmana italiana, non ha nessun interesse di prendere a cuore i nostri problemi e aiutarci. Ed  è una conferma che ormai è sempre più presente.

Assia non batte ciglio e va avanti per la sua strada, convinta che almeno la giustizia italiana possa trattarla come tutti i cittadini di questo Paese,  constatato che la comunità e il partito di riferimento gli hanno voltato le spalle.

Otto mesi di attesa per avere una risposta cui Assia credeva. Risposta che arriva ma, in maniera completamente opposta a come lei e il suo avvocato si aspettavano.

Il procuratore delle Repubblica Katjiuscia D’Orlando decide di archiviare il tutto. Archiviazione che è accettata dal giudice Enrica Marson. Da notare che entrambi sono donne, questo fa ancora più impressione per come Assia è stata trattata.

Nonostante abbiano individuato sette haters con nome cognome, nonostante le minacce sono state anche di morte, nonostante la calunnia e l’insulto sono perseguibili per legge, nonostante l’Unione Europea ha emanato direttive ben precise contro i crimini d’odio e i crimini di parola, incentivando gli apparati degli stati appartenenti alla UE a essere più severi e duri per sconfiggere questi crimini, i giudici e procuratori italiani, o forse meglio dire quelli veneti, se ne infischiano delle direttive europee e lasciano cadere nel dimenticatoio le offese adducendo ad una scusa che ha del ridicolo: “I computer della procura non possono entrare su Facebook: la rete non è adatta!”

Logicamente risponderei che non è la procura a entrare su Facebook, ma la Polizia Postale, sempre sotto richiesta della procura. Già così, la soluzione proposta è una barzelletta.

Illogicamente mi viene da scrivere: “Potrei avere il permesso di entrare nelle cronologie di solo un paio di computer che si trovano in procura e vedere quante ore l’utente dello stesso è sui social tutto il giorno?”

Non posso scommettere da buon musulmano, ma se fosse stato 10 anni fa, mi sarei giocato un patrimonio e lo avrei vinto, ne sono certo!

Questa è l’Italia cui Assia deve credere? Questa è l’Italia cui fidarmi? L’Italia che ancora inventa idiozie sui musulmani e il velo, come quello che qualche politico fratello de “noiantri” sta blaterando sui social in riguardo la campagna di sensibilizzazione sul velo della UE?

Fidarsi di chi dovrebbe difendermi e poi, solo perché sono musulmano, non come chi è con la toga, non  merito rispetto e giustizia e per giunta preso in giro?

Questa è l’Italia?

Egregio presidente Sergio Mattarella, che tra l’altro ha apprezzato Assia per il suo libro, questo è quello che lascia in eredità alle future generazioni?

Il post di Assia Belhadj

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