Candidata consigliere di FdI a Genova: alleanza con l’Islam (1/2)

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Intervista a Arianne Ghersi, candidata per Fratelli d’Italia a Genova, con una visione nuova verso gli stranieri e l’Islam. Nell’intervista potremmo capire di più sulle sue idee e forse qualcosa inizia a muoversi in direzioni diverse rispetto alla comune narrativa.

Parlaci di Arianne Ghersi

Sono genovese, ho 31 anni. Ho conseguito la laurea triennale in giurisprudenza (servizio sociale) e la magistrale in scienze internazionali diplomatiche (politiche del Mediterraneo e cooperazione allo sviluppo).

I primi passi professionali li ho fatti a Roma: alla Camera dei Deputati dove ho potuto occuparmi di de-radicalizzazione islamica e alla Radio Vaticana. Ho avuto ed ho tutt’ora il piacere di collaborare con la rivista “Coscienza e Libertà”.

Esigenze personali mi hanno portata a decidere di tornare a vivere nella mia città. Ho collaborato alla stesura di un libro autobiografico scritto da un giovane rifugiato afghano (“Il martire mancato. Come sono uscito dall’inferno del fanatismo”) e ho avuto la possibilità di pubblicare un mio testo (“La primavera araba nella stampa italiana: Egitto e Tunisia”) in cui, attraverso un’indagine a carattere antropologico, ho analizzato gli articoli riguardanti gli eventi editi da Repubblica. Sono trascorsi dieci anni dalle rivolte e molti spunti e contraddizioni emergono dalle pubblicazioni dell’epoca.

Attualmente collaboro con la rivista “Il Caffè”, con la casa editrice “L’Universale” e con il sito “Il Talebano” che puntualmente ogni venerdì ospita le mie analisi a carattere geopolitico.

Recentemente ho deciso di scendere in campo e di costruire un progetto politico: mi candiderò al consiglio comunale di Genova per Fratelli d’Italia.

Fin qui sono stata molto professionale, manca giusto la mia deformazione di incasellamento per cui mi definisco “analista free lance” e qualcuno potrebbe pensare abbia scritto un curriculum più che essermi presentata. In realtà nella vita, al di là del lavoro e degli impegni professionali, oltre alla passione per la geopolitica che mi fa “guardare strano” da qualcuno, sono una donna che si sente ancora ragazza, che ama leggere e viaggiare con leggerezza, anche per puro divertimento. Il fatto è che spesso, soprattutto per chi come me voglia iniziare una carriera politica, c’è sempre il timore di venir considerati più anagraficamente che per quanto si valga realmente. E quindi quando in situazioni come questa, mi venga chiesto di presentarmi, tendo a farlo in modo “rigido”; sono invece una persona certamente tranquilla e impegnata, ma a cui piace uscire con gli amici, andare ai concerti e trascorrere serate al cinema o davanti la tv, non a vedere necessariamente documentari sull’Islam, ma anche gialli, serie e film leggeri. Insomma sono una ragazza semplice.

Sono pronta a riprendere la via seria, dopo questa breve parentesi!

Una candidatura in un partito un po’ anomalo per quanto riguarda le questioni islamiche

Basandoci sugli stereotipi maggiormente diffusi riguardanti la destra italiana, forse, l’anomalia c’è, ma credo che la realtà sia altra. Mi occupo da anni della commistione esistente tra religione e politica e le “questioni islamiche” sono diventate il focus principale della mia attenzione.

La destra italiana non è rappresentabile come una massa di forcaioli rozzi ed ignoranti come certa mala informazione vorrebbe farci credere. Anzi,confesso che, per via dei miei interessi professionali e del metodo antropologico che spesso uso, ho svolto molta osservazione (quella che i tecnici del settore definiscono “osservazione di campo”). Forse stupirò, ma sono molti gli stranieri diventati italiani che sostengono la destra ed il motivo è semplice: hanno faticato, affrontato difficoltà immense per integrarsi e creare una stabilità; in molti mi hanno trasmesso una sensazione di fastidio verso la generalizzazione spesso sinistroide in cui l’assunto di base sembra essere straniero = bisognoso.

Molte notizie di cronaca della mia città, essendo una delle Repubbliche Marinare, riconducono a fattispecie criminose inerenti il traffico di droga. Su questa tematica i più ardimentosi con cui mi è stato possibile relazionarmi sono proprio stranieri che temono di subire etichette per colpa di quelli che essi stessi definiscono i “nuovi arrivati”.

Mi sono spesso occupata di mediazione culturale religiosa e proprio su questa primissima definizione ho trovato dei limiti: sembra che la mediazione necessaria sia solo quella linguistica e viene confusa quindi con un lavoro unicamente di interpretariato. Sarebbe auspicabile invece che le specificità professionali fossero valorizzate al fine di trarre gli aspetti migliori che la nostra variegata società ci offre.

(continua)

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