Pubblicata la ricerca sulla mediazione interculturale

E’ disponibile, anche nella versione per il web, il report di ricerca “La mediazione inter-culturale in Emilia Romagna“, datato giugno 2021. Il Rapporto vuole essere uno strumento tecnico e statistico, si, ma anche in grado di suscitare un confronto e un dibattito costruttivo tra coloro che sono chiamati a decidere e attuare tutte quelle politiche che puntano all’inclusione e al contrasto delle diseguaglianze.

Lo Studio restituisce un quadro così sintetizzabile: donna over 40, in Italia perlomeno da 15 anni, in tasca ha un titolo di studio medio-alto, vanta una conoscenza di 3 lingue minimo ed ha la cittadinanza italiana (per lo più acquisita): sono queste le caratteristiche salienti del mediatore interculturale in Emilia-Romagna. A rivelarlo è un’indagine ad hoc del 2020 – realizzata in piena pandemia da Covid –, curata da un gruppo di lavoro all’interno del Servizio Politiche per l’integrazione sociale, il contrasto alla povertà e Terzo settore (Regione Emilia-Romagna) con la supervisione di Monica Raciti, Responsabile dell’omonimo Servizio, e in collaborazione con il Progetto ICARE (Ausl di Modena).

Se tale è l’identikit di oggi, quale può essere invece – si chiedono gli autori della ricerca – quello del mediatore del futuro? In altri termini, quali sono le prossime sfide da raccogliere? Per rispondere a questa domanda – al di là dell’analisi dei dati emersi dal questionario, a cui hanno preso parte 242 mediatori – lo studio propone anche delle riflessioni su taluni nodi da sciogliere. Innanzitutto, e solo per citarne alcuni, va riconsiderata l’organizzazione in senso stretto: i mediatori sono, sì, una componente ormai strutturale del sistema dei servizi ma è altrettanto vero che questa componente è sostanzialmente fornita da imprese, associazioni o altri attori collettivi che operano sul mercato. Questo fa sì che, non dovendo reclutare in prima persona, «gli enti pubblici appaltanti non hanno più l’esigenza di attivare albi e repertori e lasciano pertanto ai fornitori, al netto naturalmente delle prescrizioni di gara, la gestione pressoché totale delle regole d’ingaggio».

Altro tema è quello dell’alfabetizzazione digitale: non si può più prescindere – e il lockdown imposto dall’emergenza sanitaria lo ha dimostrato – dall’utilizzo delle tecnologie anche nel lavoro del mediatore. Se da un lato tutto ciò accorcia le distanze fisiche e consente l’accesso online ai servizi presenti su tutto il territorio regionale, dall’altro pone nuove problematiche – di relazioni, di competenze e di privacy – con le quali presto «bisognerà fare i conti». Occorre poi interrogare Stato e Regioni su come rendere uniformi ed equipollenti i titoli acquisiti dai mediatori e su come sia ormai il momento di definire percorsi per qualificare i soggetti fornitori. In ultimo, ci si domanda se non spetti al committente pubblico la responsabilità della qualità del servizio proposto, provvedendovi sia attraverso la definizione di requisiti formali e professionali delle persone da ingaggiare, e sia attraverso la verifica del rispetto dei livelli contrattuali.

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