Yemen, NATO araba e la peggiore crisi umanitaria del mondo

Nel 2015 L’Arabia Saudita annunciava: “La guerra in Yemen finirà in poche settimane”. Eppure, dopo cinque anni gli scontri non sono ancora terminati. Il fatto che l’Arabia Saudita guidasse una coalizione araba appoggiata da Usa, Gran Bretagna e Francia è stata una sorta di premonizione rispetto alla formazione di una NATO araba.

Il governo del presidente Abd Rabbu Mansour Hadi, riconosciuto a livello internazionale (appoggiato dall’Arabia Saudita) era stato messo in discussione dal sud e più precisamente dal Consiglio di transazione del Sud, (Southern Transitional Council – Stc) un movimento indipendentista.

Tuttavia, il 5 novembre 2019 venne stipulato l’accordo di Riyad tra il governo internazionale riconosciuto di Hadi e le milizie separatiste, allo scopo di risolvere il conflitto e dunque unirsi in funzione anti Huthi (gruppo armato sciita zaydita). Ma anche questo tentativo non ha portato nessuna risoluzione.  Anzi, qualche giorno fa il presidente Hadi ha ribadito l’importanza di attuare l’accordo per frenare “il progetto iraniano in Yemen”.

Nel Rapporto 2019-2020 di Amnesty International si legge che tutte le fazioni coinvolte continuano a commettere gravi violazioni contro i diritti umani, portando spesso allo sfollamento di migliaia di persone e all’uccisione di altre. Gli aerei della coalizione hanno bombardato aree controllate e contese dalle forze Huthi e dai loro alleati. Nondimeno, come si legge nel rapporto 2020 dell’ONU, da quando il Consiglio dei diritti umani ha messo a lavoro gli esperti, si nota che alcune azioni commesse sono riconducibili ai crimini di guerra.

A tale proposito si è pronunciato, in occasione della Settimana Mondiale del Disarmo, l’Organizzazione dei giovani iraniani per i diritti umani che ha chiesto alla comunità internazionale di porre fine al sostegno logistico dei paesi che commettono crimini di guerra contro lo Yemen e che violano deliberatamente il principio di separazione tra obiettivi militari e non.

Anche Ardi Imseis, membro del Gruppo di eminenti esperti internazionali e regionali sullo Yemen (GEE), ha dichiarato: “siamo particolarmente preoccupati per il fatto che paesi terzi continuano a fornire armi alle parti in conflitto nello Yemen”. Ha poi aggiunto: “Ci sono alcuni protagonisti in questo: Stati Uniti, Francia, Regno Unito e quest’anno abbiamo aggiunto il Canada perché c’è stato un aumento delle vendite di armi da parte dei canadesi nel 2019”.

Tali eventi non sono nuovi: lo scorso agosto il viceministro degli esteri houthi Hussein Al-Azi, in un discorso, ha accusato il governo britannico di aver inflitto sofferenze al popolo yemenita sostenendo il governo di Mansour Hadi e dichiarando che queste posizioni non sono degne del popolo inglese.

Che si parli di Nato araba come opportunità per creare nuove architetture di sicurezza e cooperazione di difesa regionale tra i paesi mediorientali, non ha molto senso. Come è stato specificato, nel conflitto la responsabilità incombe su tutte le fazioni che hanno preso e fornito le armi. Questo non sta solo portando alla violazione dei diritti della popolazione, ma ha anche causato dure carestie portando lo Yemen alla peggiore crisi umanitaria del mondo.

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