Sette condanne a morte per la strage di Dacca, ma dall’Italia si invoca pietà

Giustizia per l’Italia. Non come per la strage del Cermis, in Trentino, avvenuta il 3 febbraio 1998:  un aereo militare statunitense tranciò i cavi della funivia ammazzando venti persone. I responsabili sono stati condannati soltanto per per avere nascosto prove. Giustizia per la strage di Dacca sarà fatta. Non come per la morte di Nicola Calipari a Baghdad, il cui killer, un soldato americano, non è stato processato.

A Dacca, nel 2016, sette miliziani islamici attaccarono un caffè: morirono ventidue persone, fra cui nove italiani. I responsabili di quella strage ora sono stati condannati a morte in Bangladesh. Erano accusati di appartenere all’organizzazione “Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh”.

Giustizia annunciata, ma la consolazione dei familiari delle vittime non passa affatto dalla condanna capitale. Costoro non credono che alla morte serva rispondere con altra morte. Il quotidiano Avvenire riporta i commenti di chi a causa di quella strage ha perso un familiare. La gioia che si prevedeva alla emissione della tanto attesa sentenza di condanna lascia invece posto alla tristezza. Qualcuno preferisce il pregare al commentare, riferisce il quotidiano di ispirazione cattolica, qualcun altro osserva che la pena capitale è qualcosa contro l’essere umano. Tristezza, dunque, perché in Bangladesh altre vite saranno perse, pensano i familiari delle vittime, e anche perché la sentenza non restituirà alla vita le persone falciate dalla furia dei terroristi.

Facebook Comments Box