Reddito di cittadinanza, per gli stranieri certificati dall’estero su famiglia, reddito e patrimonio

Arrivano nuove regole per l’accesso dei cittadini stranieri al reddito di cittadinanza, la misura di sostegno economico destinata alle famiglie meno abbienti e legata a percorsi di politiche attive del lavoro: dovranno presentare anche documentazione sulla loro situazione familiare ed economica nel Paese d’origine. Lo prevede la conversione in legge del DL 28 gennaio 2019, n. 4, approvata ieri definitivamente dal Senato.
Il decreto contempla tra i beneficiari i cittadini italiani ed europei e i loro familiari titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, mentre i cittadini extracomunitari sono ammessi se solo se titolari di un permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo. A tutti i beneficiari, inoltre, è richiesto di  essere residenti in Italia regolarmente da almeno 10 anni, gli ultimi 2 dei quali in modo continuativo. Ci sono, poi, una lunga serie di requisiti economici (qui sono spiegati nel dettaglio), che servono ad assicurarsi che la famiglia sia effettivamente in una situazione di bisogno.
Durante l’iter di conversione in legge, il Parlamento ha inserito un nuova norma, secondo la quale i cittadini extracomunitari dovranno presentare anche “apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana” riguardo alla loro situazione familiare, al reddito e al patrimonio immobiliare e mobiliare. Da quei certificati, quindi, dovranno per esempio risultare familiari rimasti in patria o case e terreni posseduti lì.
Sono previste tre eccezioni. La richiesta dei certificati dall’estero non si applica: “a) nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni”. L’elenco di questi ultimi Stati dovrà essere definito per decreto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.
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