Racconti da Gaza (VII parte): “Via da Erez”

Gaza

Il cielo era ormai oltre l’imbrunire, e iniziava a fare più freddo. Le parole di Lela, sembravano proprio scelte al momento giusto. Mi lasciarono immobile. Certo non mi sarei aspettato questa svolta della storia, credevo avesse avuto solo i problemi con i soldati, ma ascoltare quel “Via!”, è stato davvero scioccante. Ecco perché mi disse: “Aspetta, aspetta ora viene il bello!”

Io continuai a stare in silenzio, e lei terminò: “Neanche Muhammad ho visto. Lui era dall’altra parte e continuava a telefonarmi per sapere, dove fossi. Credeva che a noi occidentali tutto fosse permesso.”

Eh si, mi disse nelle nostre chiacchierate precedenti, che per loro, i palestinesi, e non solo aggiungo io, agli europei è tutto concesso, sono facilitati nel fare le cose rispetto a tutti gli altri popoli. Naturalmente non è proprio vero. La nostra appartenenza forse ci facilita su alcune cose, come i visti di ingresso in molti paesi e alcuni trattamenti che noi riceviamo all’estero, ma non significa appunto che tutto ci è permesso, specialmente, aggiungo io, se hai a che fare con un entità che ha occupato e opprime la libertà di un intero popolo.

Lela, nel mio assoluto silenzio continua la sua storia, raccontandomi che riesce solo a prendere l’autobus per il ritorno a Gerusalemme, dove sosta una notte e il giorno dopo chiede l’anticipo del biglietto e vola via verso casa, con rammarico e tristezza, consapevole di come alcuni uomini nella loro arroganza possano distruggere vite umane e non solo con le armi.

“Ho pianto tutta la notte, e al telefono con Muhamamd ero arrabbiata, lui continuava a dire che era impossibile, perché io sono italiana, e avrei dovuto passare di là del grande check point che rinchiude in una prigione a cielo aperto un intero popolo.”

“Il viaggio in aereo è stato lunghissimo. Non finiva mai, e rivedere Fiumicino non mi ha dato la felicità che di solito si sente al ritorno da un viaggio. Avevo perso tutte le speranze di poter incontrare l’uomo che mi faceva battere il cuore.”

Abbassa lo sguardo, s’interrompe per una manciata di secondi, e inspirando profondamente rialza la testa mi accenna un sorriso e mi dice.”Non pensavo di dire questo.” Espira il fiato, allunga la destra per salutarmi: “Ti saluto, è tardi; devo prepararmi per partire di nuovo, per fortuna poi ho trovato la soluzione per entrare a Gaza, anche se il passaggio dall’Egitto è stata un’altra avventura.”

Cosi dicendo allenta la sua mano allontanandola dalla mia, si volge verso lo sportello della macchina, lo apre, si infila dentro, mi sorride e parte via. Io rimango lì come se si fosse fermato il tempo. Gli occhi fissano nel vuoto la strada che prima era nascosta dalla sua macchina, e senza togliere il pensiero da quello che mi ha raccontato, mi dirigo verso la mia destinazione, cercando di mettere in ordine, capire e fissare gli attimi nella mia mente, per poi poter raccontare a te che stai leggendo, un pezzo di vita altrui, diversa dalla nostra, che forse ci può insegnare quanto l’amore sia forte e potente anche contro chi cerca di cancellare questo sentimento dal mondo.

 

(continua)

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