Permesso di soggiorno per assistenza al minore a cittadino straniero condannato

Non è automatico il diniego o la revoca dell’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia di uno straniero condannato in sede penale per uno dei reati che il T.U. immigrazione considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero, se lo stesso ha un figlio minorenne che vive nel nostro Paese.

Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con una sentenza depositata il 12 giugno scorso, hanno accolto il ricorso di una coppia di genitori albanesi, i quali si erano visti negare l’autorizzazione a restare in Italia, dove vivono i figli minori, perché questa era stata dichiarata incompatibile dalla Corte d’appello con la “gravità” delle condotte – legate a spaccio di droga – per cui il papà era finito due volte agli arresti.

“In tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano ai sensi dell’art. 31, comma 3, T.U. immigrazione, approvato con il d.lgs. n. 286 del 1998, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero. È questo il principio di diritto sancito dai giudici della Cassazione. “Nondimeno detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto dell’istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario, ma non assoluto”.

La normativa

Il Testo Unico sull’immigrazione (D.lgs. n. 286/98) prevede all’articolo 31, comma 3, che il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute di un minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza di un familiare del minore, per un periodo di tempo determinato. Tale previsione consente di derogare alle disposizioni in materia d’ingresso e soggiorno sul territorio dello stato per gli stranieri contenute nel Testo Unico.
L’autorizzazione a permanere sul territorio nazionale è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività’ del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia.

Il punto di diritto su cui le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi riguardava il momento in cui verrebbe in rilievo l’attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia, ovvero se la stessa sia destinata a rilevare solo se sopravvenuta, dunque in sede di revoca dell’autorizzazione già concessa (come espressamente previsto dalla norma), oppure anche nella fase di rilascio dell’autorizzazione.

La sentenza

Secondo la Cassazione l’articolo 31, comma 3, nel prevedere le attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia, presenta una ratio destinata ad esplicarsi, con una sua intrinseca coerenza, non solo nella fase successiva all’autorizzazione (per la quale è espressamente prevista la revoca in presenza di condotte contrarie agli interessi del minore o tali da turbare gravemente la tranquillità e la sicurezza della popolazione), ma anche ab origine, ai fini del rilascio della stessa.

La Cassazione osserva però che la revoca o il diniego dell’autorizzazione non possono conseguire automaticamente, in base al solo rilievo della subita condanna del genitore per determinati reati.

La deroga prevista dall’articolo 31, comma 3, del T.U., riguarda indistintamente tutte le disposizioni del Testo Unico, comprese, osserva la Corte, gli artt. 4, comma 3, e 5, commi 5 e 5 bis, i quali limitano l’ingresso degli stranieri nel territorio italiano o il rilascio del permesso di soggiorno o il suo rinnovo, nei confronti di soggetti con precedenti penali ostativi.

Tuttavia, rileva la Corte, la condanna per uno di tali reati se non è automaticamente ostativa, non è neppure aprioristicamente indifferente al rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 31, comma 3.

In sostanza, spetta al giudice, investito della richiesta di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza del familiare, accertata la sussistenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore in Italia, svolgere un esame complessivo, in concreto e non in astratto, sulla condotta del familiare con precedenti penali, cui segua un attento giudizio di bilanciamento tra l’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico o dell’interesse nazionale e il preminente interesse del minore.

Fonte: Cassazione

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