«Non siamo terroristi, non insultate il Profeta». Il primo ministro pakistano difende l’Islam

Alla 74a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il premier pakistano Imran Khan ha alzato la voce in difesa dell’Islam, ponendo l’accento sul binomio Islam-terrorismo che i leader occidentali hanno coniato, rincarando la dose sui temi come il radicalismo, la questione del Kashmir occupato dall’India e la minaccia della guerra nucleare.

Imran Khan chiama il problema del radicalismo”flagello”. Ha dichiarato:«Sappiamo tutti che l’emarginazione porta alla radicalizzazione. Dobbiamo affrontare questo problema. I leader occidentali hanno equiparato il terrorismo all’Islam».

Le precisazioni sull’Islam. «In tutte le comunità ci sono radicali, ci sono liberali e ci sono moderati, ma nessuna religione predica il radicalismo. La base di tutte le religioni è la compassione e la giustizia, che ci differenziano dal regno animale». Quindi:«Il terrorismo non ha nulla a che fare con nessuna religione».  Ha argomentato, Khan:«Nessuno ha verificato che prima dell’11 settembre, la maggior parte degli attentatori suicidi nel mondo erano tigri tamil. Erano indù». Ma nessuna accusa alla religione altrui:«Nessuno ha incolpato l’induismo. E giustamente: che cosa ha a che fare l’induismo con ciò che le persone disperate stavano facendo in Sri Lanka?». Corsi e ricorsi:«Sappiamo tutti, abbiamo visto film sui piloti giapponesi “Kamikaze “alla fine della Seconda guerra mondiale che facevano attacchi suicidi. Nessuno incolpa la loro religione».

Il malinteso secondo Khan. Un fraintendimento in Occidente riguardo all’Islam sta causando l’islamofobia nel mondo.«Ci sono 1,3 miliardi di musulmani in questo mondo -ha dichiarato il primo ministro pakistano  -. Milioni di musulmani vivono negli Stati Uniti e nei paesi europei come minoranze. L’islamofobia, dall’11 settembre, è cresciuta a un ritmo allarmante. Le comunità dovrebbero vivere insieme con la comprensione reciproca. Ma l’islamofobia sta creando una divisione». Il velo preoccupa. «Le donne musulmane  che indossano l’hijab – ha sottolineato Khan – sono diventate un problema in alcuni Paesi come se un hijab fosse una specie di arma. Questo sta accadendo a causa dell’islamofobia». Il primo ministro pakistano ha spiegato perché dopo l’attacco dell’11 settembre, l’islamofobia è cresciuta tanto:«Perché alcuni leader occidentali hanno equiparato il terrorismo all’Islam, chiamandolo terrorismo islamico e Islam radicale. Che cos’è l’Islam radicale? C’è solo un Islam». Dunque:«Questo radicalismo islamico è stato il motivo principale che ha portato all’islamofobia. Ciò ha causato dolore ai musulmani».

Il Kasmir. Nel suo discorso  Khan ha dato grandissima importanza alla questione Kashmir, evidenziando possibili “bagni di sangue” nella regione, in caso di cessazione del coprifuoco da parte dell’India. Tema affrontato nell’incontro col fondatore del Kashmir study group, Farooq Kathwari, invitato a New York. Entrambi hanno discusso della situazione prevalente in Jammu e Kashmir. Khan ha esortato Kathwari a delineare la questione della revoca dell’India dello status speciale di Jammu e Kashmir, che il Pakistan ha definito “annessione illegale”, e le presunte violazioni dei diritti umani, al fine di «mostrare a tutto il mondo il vero volto del governo nazionalista indù guidato da Modi».

Pericolo nucleare. Kathwari aveva precedentemente lavorato come membro della commissione consultiva del presidente degli Stati Uniti per gli americani asiatici. Khan ha anche espresso preoccupazione su un’eventuale guerra nucleare tra i due Stati, affermando che le azioni dell’India radicalizzerebbero il Kashmir e aumenterebbero la probabilità di un attacco terroristico.  «Se inizia una guerra convenzionale, tutto potrebbe succedere – è l’opinione del leader pakistano -. Ma supponendo che un paese sette volte più piccolo del suo vicino si trovi di fronte a una scelta: o ti arrendi o combatti per la tua libertà fino alla morte. Combatteremo e quando un Paese armato con armi nucleari combatterà fino alla fine avrà conseguenze ben oltre i confini, avrà conseguenze per il mondo».

Gli insulti al Profeta.  «Avete sentito che l’Islam dovrebbe essere contro le minoranze. Vorrei, però essere chiaro sul punto: nell’Islam, il Profeta annunciò che tutti erano liberi di praticare la propria religione. Era un sacro dovere proteggere i luoghi di culto di tutte le religioni. Ha annunciato che ogni persona era uguale di fronte alla legge, qualunque fosse la sua religione o il suo colore.. Quindi quando una società musulmana è ingiusta nei confronti delle sue minoranze, va contro la religione dell’Islam e del nostro Profeta». Khan ha fatto evidenziato che ridicolizzare il Profeta  fa male ai musulmani, motivo per cui essi  reagiscono. L’esortazione: «Dobbiamo spiegare che in una comunità di esseri umani dobbiamo essere sensibili a ciò che provoca dolore a un altro essere umano. Nella società occidentale, e giustamente, l’Olocausto è stato trattato con sensibilità, perché ha provocato e provoca dolore alla comunità ebraica. Questo è tutto ciò che chiediamo: non usare la libertà di parola per causarci dolore insultando il nostro Santo Profeta. Questo è tutto ciò che vogliamo» .

 

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