Non c’è solo il fondamentalismo. La passione del domenicano don Serge

Nell’introduzione a un suo lavoro sul sufismo Gilles Veinstein faceva notare che oggi, agli occhi degli occidentali, la civiltà dell’Islam e la sua vasta cultura rischiano di scomparire dietro la cortina del cosiddetto fondamentalismo islamico, per cui quando si parla di Islam, si cade nella banalizzazione e nella generalizzazione più miope.

Fortunatamente la Storia ci viene incontro per dimostrare che non esiste solo un Islam fondamentalista. A questo proposito rileviamo che la parola “fondamentalista” venne utilizzata da giornalisti statunitensi per indicare gruppi di estremisti cristiani. Anziché parlare di fattori dirompenti e divisivi narriamo dell’attrazione che un frate domenicano francese, don Serge de Beaurecueil, ebbe nei confronti di un grande maestro sufi afghano, Khwaja Abdullah Ansari di Herat (1006-1089).

Don Serge nacque in Francia nel 1917, da una nobile famiglia francese. Molto presto in lui si manifestò la vocazione per l’ Oriente, in generale già molto viva ai suoi tempi. Ad esempio nel 1926 il filosofo Etienne Gilson aveva consigliato al suo amico frate domenicano, Marie Dominique Chenu, di dedicarsi allo studio della filosofia islamica, ben consapevole dei debiti che la filosofia medievale occidentale ha chiaramente verso la filosofia islamica. Il giovane Serge si formò alla scuola di Chenu e di Yves Congar, lo stesso Chenu è all’origine della creazione dell’Ideo (Istituto domenicano di studi orientali) al Cairo, successivamente fondato da don Serge de Beaurecueil e dal suo confratello Georges Anawati. Don Serge affina il suo arabo ed inizia a conoscere la tradizione spirituale islamica, studiando un grande maestro sufi afghano Khwaja Abdullah Ansari di Herat. Proprio lo studio del grande maestro sufi afghano porterà il frate domenicano fino in Afghanistan. Don Serge de Beaurecueil arriva nel Paese centroasiatico per la prima volta nel 1955. La grande dedizione e passione del frate verso il sufi afghano spingeranno lo Stato afghano a pubblicare la biografia di Abdullah Ansari, redatta proprio da Serge.

Ancor di più, questa passione verso questo grande maestro spirituale musulmano spinge le autorità del Paese a conferire al domenicano la cattedra di Storia del sufismo all’Università statale di Kabul. Lì, con grande dedizione e competenza don Serge insegna dal 1963, fino al 1983, cioè fino a quando purtroppo il nuovo governo filo-sovietico esercita pressione perché don Serge abbandoni il Paese, arrivando ad accusarlo di essere una spia, anche se i sovietici avevano invaso l’Afghanistan nel 1979.

Tanto fu l’amore che don Serge provò verso Khwaja Abdullah Ansari che, quando per la prima volta andò in pellegrinaggio ad Herat per visitare la tomba del maestro sufi, non poté esimersi dall’inginocchiarsi al cospetto del grande sufi. Ma c’è di più: in punto di morte, il frate volle farsi leggere alcuni profondi e potenti passi di alcuni testi ed opere di Ansari di Herat e chiese che sulla propria tomba fosse riportato tale passo di Khwaja Ansari: «Caro amico, se tu ti stupisci perché vedi questa tomba danzare, non dimenticare che la tristezza non siede al
banchetto di Dio».

Don Serge morì nel 2005. Non si può che rimanere impotenti davanti ad una simile storia di amore e dall’incontro di un cristiano cattolico con un Paese musulmano e con un suo famoso esponente spirituale, come molti altri. Come la riscoperta del grande Mansur Hallaj, martire sufi, da parte di studiosi occidentali e cristiani, primo fra tutti Massignon.

Quanto scritto dimostra che Veinstein aveva ragione e questo stato di cose è un messaggio per i fratelli e le sorelle musulmani e per i non musulmani; il rischio che il fondamentalismo faccia calare una cortina di oblio
sulla grande tradizione culturale e spirituale musulmana, è palese. Ma tocca ai musulmani stessi scongiurare il rischio che questo immenso patrimonio spirituale islamico non venga conosciuto dai non musulmani.

Cristian Farano

(in foto: busto raffigurante Don Serge de Beaurecueil)

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