“Maometto e i fiori del Corano”, di Hafez Haidar, in libreria da questa settimana

«Ora navighiamo una pagina dopo l’altra sulle dune accarezzate dal vento e rischiarate dal sole dopo una notte costellata e illuminata da mille bagliori. Accostiamoci con umiltà e venerazione al narratore che inizia».

L’immaginario dominante in Occidente, oggi, collega l’Islam all’idea di una cultura intrinsecamente violenta, retriva e oscurantista, che rifiuta dogmaticamente le gradevolezze della vita, reprime la ricerca di conoscenza, inibisce lo sviluppo delle arti e della bellezza, considera il corpo, specialmente femminile, come fonte di peccato. Storicamente, tuttavia, questa civiltà si è affacciata in Asia e in Europa con un volto assai più ricco, complesso, diverso: nel Medioevo, e nei secoli seguenti, è stata la
cultura araba a portare nel Vecchio continente conoscenze scientifiche e
matematiche, importanti tecniche e prodotti dell’Oriente, una letteratura profonda e raffinata, facendo diventare “Islam” sinonimo di sapienza e delizie «da Mille e una notte».

Nel volume “Maometto e i fiori del Corano”, edito da Diarkos, nelle librerie da questa settimana, Hafez Haidar, esperto di letteratura e cultura araba, ci riporta all’essenza di quella civiltà, presentando scritti coevi al Corano – racconti, parabole, detti del Profeta, massime sapienziali – che dimostrano l’autenticità di un “altro Islam”, poco conosciuto, in grado di illuminare il proprio tempo attraverso la profondità della fede e della gioia di vivere.

Hafez Haidar (Baalbeck (Libano), 1953) è un docente, scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano. Accademico emerito, presidente di diversi comitati per i diritti umani, Cavaliere della Repubblica Italiana e direttore generale internazionale della Camerata dei Poeti di Firenze, è tra i principali curatori e traduttori in italiano dell’opera di Khalil Gibran. Nel 2017 è stato candidato al Premio Nobel per la Pace.

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