Macellazione halal, la verità oltre le bugie dei media (V parte)

Probabilmente, avendo letto il precedente articolo di Daily Muslim sulla macellazione halal,  molti si chiederanno come si fa a confermare che l’animale non soffra quando gli si taglia la gola. Riteniamo, essendo credenti, che che Dio il Misericordioso non può ordinare la sofferenza gratuita alle sue creature. Ma, per essere più credibili, riferiamo di ricerche scientifiche compiute in tal senso. Consideriamo l’europea Università di Hannover, per non essere di parte con quelle dei Paesi mussulmani.

Un’equipe ha esaminato i due metodi di macellazione, analizzando le registrazioni prodotte dall’elettroencefalogramma e dall’elettrocardiogramma degli animali. Sugli animali sono stati posti  gli elettrodi per avere i dati durante gli esperimenti.

A confronto la macellazione halal, quindi rapido e profondo taglio sul collo dell’animale con una lama affilata, e quella tradizionale, cioè lo stordimento della bestia con il colpo di pistola a proiettile, ossia uno stantuffo che ne perfora il cervello, usata in Occidente.

Con il metodo halal, per i primi tre secondi circa non vi è stato nessun cambiamento nel grafico dell’ elettroencefalogramma. Nei successivi secondi si è registrata una condizione di incoscienza simile ad uno stato di sonno da parte dell’animale.

Dopo i tre secondi l’elettroencefalogramma ha riportato valori piatti nel grafico, che indicano assenza totale di dolore. Il cuore continua a battere fino a che non si svuota tutto il circuito sanguigno venoso. Gli spasmi sono i riflessi incondizionati dell’assenza di collegamento con il cervello dei muscoli, dovuti all’anossia.

La macellazione tradizionale determina un picco elevato dell’elettroencefalogramma appena l’animale riceve il colpo di pistola, quindi grande sofferenza, e immediato infarto per il forte dolore, con cervello ancora funzionante.

La differenza è visibile: nel primo si muove per qualche secondo il corpo dell’animale ed esce il sangue, nel secondo rimane tutto com’era in precedenza. È l’uomo, allora, che non vuole vedere ciò che non gli piace e quindi usa la scusa della sofferenza dell’animale per non urtare la propria sensibilità?

L’uomo che non crede nei precetti di Dio, che si fa alfiere dei diritti di altri esseri, ha mai chiesto all’animale cosa vuole e quale delle due macellazioni gli provoca più sofferenza?

(continua)

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