Libera scelta sul velo, la campagna #hijabfreechoice

Libera scelta sul velo. È partita proprio dall’Italia la campagna per permettere la libera scelta di uso del velo alle donne musulmane: “Il velo islamico libera scelta, mai obbligo” recita il motto della campagna #hijabfreechoice, lanciata da Mete Onlus, associazione impegnata nella difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche internazionali. Ideata dalla presidente Giorgia Butera, #hijabfreechoice è inserita nel progetto internazionale “Women’s Rights International Campaign”, e segue il percorso già intrapreso con la campagna a tutela della libertà delle donne iraniane.

Teresa Ciavardini, antropologa, giornalista e attivista commenta in una nota: «La nostra campagna #hijabfreechoice ha ricevuto in pochissime ore dal lancio un successo inaspettato. I media nazionali hanno riportato la notizia e siamo state già invitate in varie trasmissioni per farne conoscere meglio la nostra missione. La nostra campagna non è l’esaltazione dell’hijab, ma una dovuta riflessione sulla scelta individuale della donna nell’indossare, o meno, il velo islamico. Chiediamo, dunque, a tutte coloro che vogliano supportare la nostra causa di scelta libera di inviarci una foto con velo in modo da poterla inserire nel nostro album, che ha come unico scopo quello di sostenere la libertà femminile».
«La questione del velo islamico comunemente chiamato Hijab è stata spesso terreno di scontro culturale e politico – continua Ciavardini – in una società in preda alla confusione, al pregiudizio, agli stereotipi e alla dilagante islamofobia è necessario battersi per i diritti di chi in questo velo connota un valore religioso e simbolico e non un emblema di arretratezza culturale e obsoleta. Il velo islamico deve essere sempre una libera scelta individuale e nessuna imposizione può essere ammessa o tollerata. Questa campagna nasce in supporto di tutte quelle donne che decidono di liberarsi dal velo islamico quando é personificazione di un obbligo e di un’imposizione, ma é anche a sostegno di quelle donne che nel velo islamico percepiscono un segno di riconoscimento della propria tradizione, cultura, religione ma soprattutto di appartenenza identitaria».

Giorgia Butera aggiunge: «Il nostro è un invito alla riflessione che ha l’obiettivo di stigmatizzare tutti quei pregiudizi culturali che vedono la donna con indosso il velo, una donna sottomessa. Non è così. Bisogna distinguere a quale tipo di velo ci riferiamo, è innegabile che per alcuni (burka, ad esempio) si tratti di costrizione, e privazione della stessa identità. Conosco molto donne musulmane velate, sono donne emancipate, icone del sotfpower. Il nostro obiettivo è una condivisione fra donne, anche non musulmane, per capire cosa si prova a indossare il velo e per diffondere la consapevolezza che l’hijab non è un segno di oppressione, ma può essere liberamente scelto dalle donne».

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