Le religioni abramitiche dicono «no» all’eutanasia e al suicidio assistito

«No» alla eutanasia e al suicidio medicalmente assistito. Lo dicono musulmani, cattolici ed ebrei. La “Dichiarazione congiunta delle religioni monoteiste abramitiche sulle problematiche del fine vita” non ammette eccezioni: quelle misure contraddicono il valore della vita umana. Il documento è stato firmato ieri dai rappresentanti ebrei, cattolici e musulmani in Vaticano e consegnato a papa Francesco.

Si legge nel preambolo del documento: «Le problematiche morali, religiose, sociali e legali del trattamento del paziente in fase terminale sono tra gli argomenti più complessi e dibattuti nell’ambito della medicina moderna. Hanno sempre provocato un’ampia e pregnante discussione teorica ma anche densa di contenuti emotivi, nelle culture e nei diversi contesti sociali. Le tematiche inerenti le decisioni sul fine-vita presentano non facili problematiche, non nuove ma molto intense, soprattutto negli ultimi anni, a causa dei molteplici sviluppi che abbiamo di fronte».

Dunque: «Le principali questioni aperte sulla cura e il trattamento del paziente in fase terminale non sono mediche o scientifiche, ma piuttosto sociali, etiche, religiose legali e culturali. Mentre i medici si basando sui fatti, la maggior parte delle decisioni sul paziente in fase terminale non sono di natura medico-scientifica. Sono piuttosto basate su valutazioni personali e sull’etica. Quindi, prendersi cura del paziente in fase terminale da parte delle famiglie e da parte degli operatori sanitari, nell’ambito delle consuetudini sociali, è un compito impegnativo. I principi e le prassi da parte delle religioni monoteistiche Abramitiche, in particolare la ricerca del giusto equilibrio tra valori in conflitto, non sono sempre in linea con gli attuali valori e prassi umanistiche laiche».

Nella Dichiarazione si plaude ai progressi della scienza medica nella prevenzione e nella cura della
malattia, ma si esorta a «riconoscere che ogni vita dovrà alla fine sperimentare la morte». Ergo:«L’assistenza a chi sta per morire, quando non è più possibile alcun trattamento, rappresenta da un lato un modo di aver cura del dono divino della vita e dall’altro è segno della responsabilità umana e etica nei confronti della persona sofferente e in fin di vita. Un approccio olistico e rispettoso della persona deve riconoscere come obiettivo fondamentale la dimensione straordinariamente umana, spirituale e religiosa del morire. Tale approccio richiede compassione, empatia e professionalità da parte di ogni persona coinvolta nell’assistenza a un paziente che sta per morire, particolarmente di quanti hanno la responsabilità del benessere psico-sociologico ed emotivo del paziente. Rifiuto dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito. Le questioni attinenti alla durata ed il significato della vita umana non dovrebbero essere dominio del personale sanitario, la cui responsabilità consiste nel fornire le cure migliori e la massima assistenza al malato. Ci opponiamo ad ogni forma di eutanasia – che è un atto diretto deliberato e intenzionale di prendere la vita – cosi come al suicidio medicalmente assistito che è un diretto, deliberato ed intenzionale supporto al suicidarsi – in quanto sono atti completamente in contraddizione con il valore della vita umana e perciò di conseguenza sono azioni sbagliate dal punto di vista sia morale sia religioso e dovrebbero essere vietate senza eccezioni».

Sull’assistenza spirituale:«Il migliore contributo all’umanizzazione della morte, che gli operatori sanitari e i religiosi possono offrire, è la garanzia di una presenza piena di fede e di speranza. L’assistenza spirituale e religiosa è un diritto fondamentale del paziente e un dovere della comunità religiosa. È anche riconosciuto come un importante contributo da parte degli esperti in cure palliative, per la necessaria interazione tra la dimensione fisica, psicologica e spirituale della persona, unitamente al dovere di mostrare rispetto per le convinzioni e la fede della persona; tutti gli operatori sanitari sono tenuti a creare le condizioni in base alle quali l’assistenza religiosa è garantita a chiunque ne faccia richiesta, esplicitamente o implicitamente».

Conclusione:« Ci impegniamo a utilizzare la conoscenza e la ricerca per definire le politiche che promuovono la cura e il benessere socio-emotivo, fisico e spirituale, fornendo le massime informazioni e cure a coloro che affrontano gravi malattie e morte. Ci impegniamo a coinvolgere le nostre comunità sulle questioni della bioetica relative al paziente in fase terminale, nonché a far conoscere le modalità di compagnia compassionevole per coloro che soffrono e muoiono. Ci impegniamo a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle cure palliative attraverso una formazione adeguata e la messa in campo di risorse relative ai trattamenti per la sofferenza e il morire. Ci impegniamo a fornire soccorso alla famiglia e ai cari dei pazienti che muoiono. Chiediamo ai politici e agli operatori sanitari di familiarizzare con la vasta prospettiva e l’insegnamento delle religioni Abramitiche, per fornire la migliore assistenza ai pazienti morenti e alle loro famiglie che aderiscono alle norme religiose e alle prove dei rispettivi religiosi tradizioni. Ci impegniamo a coinvolgere le altre religioni e tutte le persone di buona volontà».

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