La via dell’Islam italiano rivendicata dagli italiani convertiti

“Se ci deve essere una trattativa per l’Islam italiano che siano gli italiani convertiti a farlo, sempre con il supporto dei nostri fratelli stranieri”. Questa è la dichiarazione di Yazan Villani, presidente dell’Associazione Nazionale Musulmani Italiani (ANMI), che racchiude all’interno italiani convertiti all’Islam e coppie miste.

Dal punto di vista dell’associazione, è arrivato il tempo che un’Islam di matrice italiana nasca e sia gestito da italiani convertiti dove gli italiani possano dare un punto di vista che un musulmano immigrato non può avere. Infatti, l’ANMI chiede che l’interlocuzione con lo Stato e la società sia da affidare ad italiani di fede musulmana per diversi fattori, quali il background culturale, o quello sociale, ma sempre col sostegno dei musulmani di origine straniera.

Secondo i dati dell’associazione, in Italia la stragrande maggioranza di moschee e centri culturali islamici sono gestiti da musulmani di origine straniera e spesso il sostegno degli italiani convertiti è solo formale e di immagine, tant’è che le grandi e piccole sigle (tranne qualche rara eccezione) non riportano nomi italiani all’interno dei loro Consigli direttivi. “Tutto ciò preclude una via lineare allo sviluppo all’Islam italiano”, conclude il presidente, che poi aggiunge: “Dove un fattore di inclusione più che di integrazione sarebbe la strada più naturale, ‘viaggiando’ in accoppiata con i ragazzi musulmani di seconda generazione, dove spesso e volentieri non hanno quelle distanze culturali che ci sono tra gli immigrati di prima generazione che risentono del loro retaggio culturale”.

Villani conclude affermando che: “Essere musulmano non vuol dire arabizzarsi. La nostra cultura non va repressa o messa da parte, poiché l’Islam non distrugge le culture del mondo, anzi le ingloba e le fa sue per una migliore comprensione tra i popoli e le società”.

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