La “seconda generazione”: italiani in attesa

I giovani col tempo parteciperanno alla vita civica, acquisendo diritti e doveri, come ogni altro cittadino.

Non è più così strano sentire parlare con un accento milanese un ragazzo di origini cinesi, o in romanesco una giovane di origini pakistane. Infatti, in Italia abbiamo una seconda generazione estremamente florida e viva, molto attenta al contesto sociale che sta vivendo e perfettamente integrata. I giovani di seconda generazione, col tempo, parteciperanno alla vita civica del nostro Paese, acquisendo diritti e doveri, come ogni altro cittadino. Molti di loro non hanno ancora la cittadinanza italiana nonostante siano nati e cresciuti con i loro coetanei e, in molteplici casi, le differenze culturali siano minime o inesistenti, aspettando con impazienza il giorno in cui potranno esibire con orgoglio qualcosa che è sempre stato loro: il passaporto italiano.

Ma in Italia non ci sono solo ragazzi di seconda generazione. In alcune realtà ci troviamo davanti alla terza generazione o, addirittura, sfioriamo la quarta. La comunità cinese (comunità estremamente unita e in alcuni casi non molto propensa alla fusione culturale) e quella albanese, sono tra le più antiche fra quelle più integrate ad aver scelto il nostro territorio per viverci stabilmente.

La stragrande maggioranza dei giovani di seconda generazione non ha bisogno di essere integrata: lo è già. Salvo rari casi in cui il gap generazionale è appesantito dal fardello culturale della famiglia agganciata alla tradizione del Paese di provenienza che rallenta, ma non ferma, il processo di emancipazione dei giovani e delle ragazze in particolar modo.

Sono proprio i giovani, soprattutto quelli legati al mondo associativo, che hanno un ruolo fondamentale sulle mentalità delle famiglie, anche se in alcune circostanze (come i casi di Brescia delle due ragazze pakistane che sono state una uccisa e l’altra segregata) i nuclei familiari risultano totalmente contrari ad accettarne il nuovo stile di vita. Bisogna tuttavia ammettere che l’integrazione di un giovane e della sua famiglia risente dei dettami radicali della cultura di provenienza e della ghettizzazione delle comunità circoscritte in alcune aree delle città che non favoriscono l’abbattimento delle barriere culturali.

Ci sono casi in cui il giovane vive in contesti che portano a compiere azioni di microcriminalità o affini alla criminalità organizzata, mentre una piccola parte soffre la mancanza di una cultura unica, fattore che rende spaesati, porta all’isolamento e all’emarginazione sociale. Va meglio invece ai figli delle coppie miste, per i quali il contesto familiare e sociale, rende l’impatto sociale più lieve, favorito dalla presenza di un familiare italiano, soprattutto nell’interazione con i connazionali. Altro punto a favore per il figlio della coppia mista è l’abitudine a relazionarsi con due realtà diverse, preparando il bambino al contesto che andrà ad affrontare. I bambini sono i più avvantaggiati nelle relazioni sociali, nonostante non siano mancati, specialmente negli ultimi tempi, spiacevoli episodi che li hanno visti vittime di discriminazione, soprattutto se di colore.

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