La pandemia non ferma il terrorismo e mina l’impegno dell’Onu

Sono cadute nel vuoto le parole del segretario generale dell’Onu, António Guterres, che si appellava appena ieri al senso di pietà per un immediato cessate il fuoco globale in modo da fronteggiare al meglio la pandemia: «Il nostro mondo fronteggia un comune nemico: Covid-19. Al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi. Li attacca tutti, indistintamente. Intanto, conflitti armati imperversano nel mondo. E sono i più vulnerabili – donne e bambini, persone con disabilità, marginalizzati, sfollati – a pagarne il prezzo e a rischiare sofferenze e perdite devastanti a causa del Covid-19». «È ora di fermare i conflitti armati e concentrarsi, tutti, sulla vera battaglia delle nostre vite», concludeva Guterres.

Parole perdute nel vento, sembra, se ci si sofferma a  leggere il bollettino delle sole 24 ore appena passate.

Almeno 25 i civili uccisi nell’attentato a Dharamshala,  tempio sikh  di Kabul, in Afghanistan, dove sikh e indù protestano da tempo per la mancanza di sicurezza per le loro comunità. L’attentato è stato rivendicato dall’organizzazione terroristica Daesh, mentre i talebani hanno negato qualsiasi coinvolgimento con l’azione.

Le truppe fanatiche di Boko Haram hanno invece eseguito un raid in Ciad,  nei pressi del lago da cui prende nome il paese. Lo scontro ha provocato 92 morti tra le truppe interforze, appunto, del Ciad, della Nigeria e del Niger. Un attacco feroce che segue quello dello scorso lunedì 24 marzo, in cui erano morti altri 47 soldati.

Non poteva mancare l’Iraq in questa triste lista: due razzi lanciati nei pressi dell’ambasciata americana a Baghdad hanno provocato un numero ancora non confermato di feriti, mentre la Turchia continua la sua opera di neutralizzazione dei militanti del PKK, confermando l’uccisione di due militanti nel Nord del paese.

Tutto questo accade mentre complessivamente il mondo ha realizzato ieri la sua prima accelerazione di vittime da CoVid-19: in Adghanistan sono stati ufficializzati 3 decessi su 79 casi registrati; i primi 3 casi sono stati segnalati in Ciad; 27 i morti su 346 casi dichiarati in Iraq, solo per tornare nelle zone colpite anche dalla violenza. Ed è chiaro che in questo clima è molto più complesso individuare e contenere il virus.

Lo stato delle cose non aiuta l’Onu nell’intento, dichiarato sempre dall’intervento di ieri del segretario Guterres, di coordinare un piano da due miliardi di dollari per destinarli ai poveri delle zone più fragili, dove il virus ha trovato o troverà la porta spalancata:  Sud America, Africa, Medio Oriente e Asia.

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