La guerra del petrolio tra Russia e Arabia Saudita

Continua la battaglia dei prezzi al ribasso sui bidoni di petrolio tra i più grandi produttori rimasti al mondo, Russia e Arabia Saudita.

L’ultima mossa di Riad è stata quella di aumentare il più possibile la produzione di petrolio in modo da ribassarne i costi e mettere in crisi i mercati, già in ginocchio per gli effetti del CoVid-19.

Non potevano restare indifferenti gli Stati Uniti, a questo punto, dato che il prezzo al barile è sceso al minimo storico dal 1991, anno della prima Guerra del Golfo, più basso del prezzo shock toccato all’indomani dell’11 settembre 2001 e del crollo della Lehman Brothers: 30 dollari al barile.

Insomma, una situazione di rischio mondiale che si palesa quando l’offerta supera di gran lunga la domanda, con l’avanzata delle fonti alternative, ma soprattutto con l’inutilizzo di grandi consumatori come gli aerei, che restano a terra per la chiusura degli aeroporti.

Questa situazione ha decretato di fatto il fallimento del vertice della scorsa settimana dell’Opec Plus (composto dai membri Opec più gli 11 paesi esterni al cartello) a Vienna. In questa sede, Mosca si è rifiutata di avallare il maxi-taglio complessivo di 1,5 milioni di barili al giorno che le era stato chiesto come sacrifico per risolvere la situazione.

La risposta dell’Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi, è stata quella che ha determinato la situazione attuale: un incredibile ribasso dei prezzi sulle forniture di greggio.

Con uno dei suoi proverbiali tweet, è intervenuto Trump a fare la voce grossa: “L’Arabia Saudita e la Russia stanno discutendo sul prezzo e sul flusso di petrolio. Questa, insieme alle fake news, sono la ragione del crollo dei mercati”. In effetti “il cadavere squisito” di questi giochi al ribasso potrebbe proprio essere il potere economico delle compagnie petrolifere nordamericane, ma intanto tutto il mercato è in fibrillazione.

Secondo un’analisi dell’Ispi, il braccio di ferro tra le due potenze petrolifere potrebbe favorire Mosca, che “sembra nella posizione migliore per superare la tempesta. Mosca ha bisogno di un prezzo di 42 dollari al barile per far quadrare il proprio bilancio, mentre l’Arabia Saudita ha bisogno che i prezzi superino almeno il doppio di tale importo”. A questo vanno aggiunte le più ampie riserve di valuta estera di Mosca rispetto a Riad, costringendola nel medio-lungo periodo a non poter sostenere i costi di produzione.

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