La proposta di Emmanuel Macron, il Presidente della Repubblica Francese, di “nazionalizzare l’Islam francese” ha avuto un grande eco in tutta Europa. La proposta prevede di combattere il fondamentalismo e “preservare la coesione nazionale“, con una legge ad hoc attuabile attraverso tre grandi linee guida, la prima delle quali è un problema comune per quasi tutti gli Stati del Vecchio Continente, ossia: chi rappresenta i musulmani in Francia?
Al momento, l’interlocutore ufficiale è il CFCM (Consiglio Francese del Culto Musulmano), creato nel 2003 dall’allora ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy. Tale Consiglio molto spesso viene aspramente criticato poiché la sua struttura prevede la presidenza a rotazione, che più che rappresentare i cittadini francesi di fede musulmana, ne rappresenta lo Stato di provenienza.
Il secondo punto pone gli stessi dubbi che si nutrono nel nostro Paese: come possono essere finanziate le attività religiosa?
Il Presidente francese vorrebbe chiudere tutti i flussi di finanziamento dei paesi stranieri in modo da “limitare l’influenza dei paesi arabi in Francia”, facendo si che la costruzione di nuove moschee sia a carico dei cittadini francesi, ma attingendo il denaro da una tassa sui prodotti Halal.
La terza linea guida è un problema che affligge l’Italia: i criteri di formazione degli imam.
Il ministro dell’Interno Gerrard Collomb vuole “imam della Repubblica Francese” che, attraverso scuole o istituzioni “controllate” dallo Stato, possano abbattere la piaga dei predicatori improvvisati (da riconoscere che molti dei nostri fratelli lo fa per mancanza di alternative e devozione), dichiarando su France Inter: “Oggi chiunque può proclamarsi imam“.
La proposta molto simile è quella proposta dell’Associazione Nazionale Musulmani Italiani nello scorso mesi di agosto, con le succitate tre linee guida coincidono perfettamente.