Intolleranza o accoglienza, che Paese ci raccontiamo?

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Da diversi anni l’immancabile sondaggio dell’Ispi fotografa l’attitudine degli italiani rispetto agli argomenti che hanno segnato l’agenda politica internazionale dell’anno.

E per le vicissitudini interne, come anticipato in uno dei più lucidi rapporti del Censis di sempre, il 2019 è stato segnato dal sovranismo psichico.

Che cosa significa? Che per ragioni esclusivamente propagandistiche un partito come la Lega ha avuto bisogno di raccontarsi il mito di un’Italia autarchica e forte della terra, dei confini e del sangue. Prima gli italiani, per capirci.

Con una retorica semplicistica adatta agli spot televisivi sono stati buttati a terra anni di conquiste sociali, politiche, filosofiche. “Gli italiani mi seguono” è stato per tutto l’anno l’assunto del leader di quel partito, Matteo Salvini, con il risultato di ritrovarsi  nella proiezione di un’italietta grigia, micragnosa, malmostosa verso tutto quello che si muoveva al di là e oltre lo schermo del computer o della televisione degli italiani.

Potremmo discutere del suolo e dell’assoluta mancanza di rispetto dimostrato con la scarsa attenzione all’inquinamento e alla storia della nazione in quanto tale. Un problema di tutti i partiti che si sono succeduti al governo, ma la Lega in particolare ne aveva fatto una bandiera.

Potremmo discutere, e presto lo faremo, dell’economia ormai poco più che ancellare che conduce il Paese e che nessuno strappo all’Europa potrà rinsavire perché non è quella la direzione in cui bisogna guardare.

Discutiamo, invece, anche grazie all’Ispi, del sangue: le porte sbarrate agli immigrati di prima, seconda, terza generazione per motivi di propaganda. La rabbia e l’intolleranza con i porti chiusi a negare un’accoglienza che non vede certamente l’Italia in prima linea nei numeri reali. Questo fumo negli occhi ha prodotto un risultato eclatante alle scorse europee, almeno per coloro che si sono presi la briga di andare alle urne, perché il vero vincitore è stato l’astensionismo.

Ma la cosiddetta emergenza immigrazione occupa davvero gli incubi notturni degli italiani? Ragioneremo più in là sull’infamia di bollare ancora come “emergenza” un fenomeno strutturale come l’immigrazione, che dura in questo paese almeno da quarant’anni. Concentriamoci ora per un momento sulla “carbonella” che accende le velocissime e irragionevoli fiamme della propaganda sovranista: l’Altro, l’immigrato, colui che viene da fuori a insidiare una presunta cultura radicata.

Domanda dell’Ispi: “Quale è la minaccia più grave per l’Italia?”. Risposta del campione interrogato: la crisi economica preoccupa (giustamente!) i sogni del 56% degli italiani. L’immigrazione è una “minaccia” solo per il 12% di loro, dato in caduta libera dal 22% toccato nel 2015.

E per quanto riguarda l’accoglienza? L’84% degli italiani è favorevole alle dinamiche di integrazione, anche se solo il 19% aprirebbe a tutti i migranti. Anche qui occorrerebbe maggiore onestà da parte di media e politica nel “definire” chi arriva dall’estero.

Insomma, di fronte a questi numeri perché continuare a raccontare del complotto mondiale ai danni dell’inerme Italia? Non sarebbe più prolifico per certi partiti avviare ragionamenti tesi a risolvere per quanto possibile il problema occupazionale e salariale? Certo, rivolgere questa domanda a chi ha preferito dimettersi piuttosto che affrontare una dura manovra finanziaria suona grottesco.

Questo non significa parteggiare per qualcuno nello specifico e alimentare il tifo da stadio. L’auspicio è quello di una maggiore lucidità nell’affrontare i problemi del Paese, con onesta e senza lasciare indietro gli ultimi.

Per fare questo, checché se ne dica, non occorrono i soldi: servono scelte culturali e politiche più incisive. Un’Italia dilaniata da mille contraddizioni non avrà mai la forza per il balzo vitale. Partendo da questo primo editoriale, il contributo che il sottoscritto vuol dare a un progetto importante come Daily Muslim è quello di lavorare sulla percezione e reazione degli italiani, cercando di affrontare e superare soprattutto gli stereotipi che accompagnano una visione politica e propagandistica distorta della cultura degli italiani musulmani nel loro paese.

 

Cover di Warren Wong per Unsplash

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