Dossier Idos: i lavoratori stranieri valgono il 9 per cento del pil

La stima condotta da Idos e Assindatcolf potrebbe non piacere agli italiani che disperatamente cercano lavoro, ma  questi sono i dati emersi dal Dossier statistico immigrazione 2019: i 2,4 milioni di stranieri valgono il 9 per cento del prodotto interno lordo italiano. Il  25 per cento di tali lavoratori è costituito da domestici. Il quadro su “Lavoro domestico e programmazione dei flussi di ingresso” è stato presentato ieri mattina nell’hotel “Michelangelo”, in Milano.

 Il 9 per cento del prodotto interno lordo è pari a 139 miliardi di euro, considerando tasse e contributi e visti  introiti che ammontano a 25 miliardi di euro, una cifra superiore a quella che lo Stato spende, secondo il dossier, per farsene carico.

Due milioni e 455 mila gli immigrati che nel 2018 sono stati regolarmente impiegati in Italia. Soprattutto nel settore della cura e dell’assistenza domiciliare, dove la loro incidenza supererebbe il 70 per cento del totale. Su 859.233 colf e badanti regolarmente censiti negli archivi Inps a fine 2018, 613.269 erano immigrati. «Un numero – ha dichiarato Andrea Zini, vice presidente Assindatcolf ed Effe – in costante calo dal 2012 ad oggi, quando i lavoratori stranieri regolarmente impiegati nel comparto erano 823mila. In sette anni si sono, dunque, persi 210mila posti di lavoro a causa di una politica che non ha saputo riformare il welfare familiare e valorizzare questa forza lavoro, contribuendo al contempo al dilagare del lavoro ‘nero’ o ‘grigio’ che nel settore ha percentuali altissime: si stima, infatti che 6 domestici su 10 siano irregolari, ovvero 1,2 milioni di lavoratori».

Luca Di Sciullo, presidente Centro Studi e Ricerche Idos, ha spiegato: «Dal 2011 l’Italia ha sostanzialmente bloccato i canali di ingresso legali agli stranieri che intendano venire stabilmente per motivi di lavoro. Tanto che ad oggi, per molti migranti ‘economici’, l’unica possibilità di entrare in Italia è quella di unirsi ai flussi di migranti “forzati” che arrivano come richiedenti asilo, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento. Una situazione che da una parte penalizza il mercato del lavoro, lasciando scoperti ambiti a forte domanda di manodopera estera e aumentando il lavoro nero, e che, d’altra parte, complica la già critica gestione dell’immigrazione, sciupando un potenziale beneficio per la società e lo Stato».

Da qui l’appello di Zini e Di Sciullo alla politica: «È necessario tornare ad una programmazione dei flussi di ingresso, prevedendo quote dedicate a reali nuovi ingressi di lavoratori non stagionali, e modificando anche il sistema di rilevazione del fabbisogno, affinché prenda in considerazione, oltre alle esigenze delle imprese, anche quelle delle famiglie, superando così una delle tante contraddizioni di una gestione miope».

 

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