Dieci anni di Boko Haram, la vita nel terrore in Nigeria

“In una mattina tranquilla, nel giugno 2009, mi sono svegliato con quelli che sembravano fuochi d’artificio. Sono uscito nel complesso della nostra casa di famiglia per trovare tutti a guardare la frenesia dei vicini che se ne andavano, spaventati dalla violenza che era scoppiata. Boko Haram, un gruppo di giovani conservatori violenti i cui membri avevo visto predicare nel quartiere durante una passeggiata a tarda notte, avevano attaccato la prigione vicino a casa nostra, liberando i loro membri”. È il drammatico incipit della storia di Fati Abubakar raccontata su AlJazeera, tra le prime fotoreporter a testimoniare l’altrettanto drammatico problema della vita quotidiana ai tempi del gruppo terroristico Boko Haram.

“Uno scontro tra i loro combattenti e la polizia nigeriana, che pensavo sarebbe durato un giorno, si è intensificato con l’uccisione del leader del gruppo Mohammed Yusuf in un conflitto di dieci anni che avrebbe devastato la nostra città e il nostro stato. Boko Haram è stato molto più distruttivo di quanto chiunque potesse immaginare. Hanno bruciato a terra parti di Borno (lo stato nigeriano da cui tutto è nato) e stati vicini. Hanno attaccato ospedali, chiese, moschee e strade principali che collegano Borno ad altri stati del nord. I bombardieri suicidi sarebbero penetrati nei mercati e si sarebbero fatti esplodere. Le scuole del villaggio furono prese d’assalto e i bambini rapiti”.

Più di tre milioni di persone sono state sfollate in Africa occidentale, decine di migliaia di persone uccise e molte comunità continuano a fuggire in tutta la Nigeria e nel vicino Ciad, Niger e Camerun.

Nel lungo racconto di Fati, la descrizione di una foto cruciale a Maiduguri a testimoniare la gioia dell’adolescenza e la tristezza di una vita costellata da attacchi terroristici e orrori senza fine.

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