Di Maio indica la soluzione politica per la Libia, nonostante chi non vuole gli accordi

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dialoga con la Libia, ma a sinistra qualcuno ha preferito rischiare di chiudere la porta in faccia al Paese africano. Ieri a New York,  all’Onu, l’esponente del governo italiano ha incontrato il suo omologo, Mohammed Taher Siyala. Ha confermato sostegno al governo di accordo nazionale libico per il riavvio del processo politico, ribadendo desiderio di dialogo con tutte le componenti libiche del Paese nordafricano. Certo, le violenze che si registrano in Libia non inducono all’ottimismo, ma l’azione militare esterna ha già creato caos. Di Maio lo sa, e domani, probabilmente, inviterà a perseguire la strada del processo politico il ministro degli Esteri francese, Le Drian, che incontrerà nella Grande Mela. Non muoversi per una soluzione politica allo scontro fra il capo dello Stato, Fayez al-Sarraj, e l’insorto generale Khalifa Haftar causa l’arrivo di altri poveri disgraziati dalla Libia in Italia. 

Invece il presidente dell’Arci, Filippo Miraglia, giorni fa, durante la conferenza stampa dell’iniziativa “Io accolgo”, criticando la guardia costiera libica, ha affermato:«Tutti sanno che riporta le persone nei lager dove vengono uccise, torturate e violentate. Chiediamo perciò l’annullamento degli accordi con la Libia e l’abrogazione dei due decreti sicurezza». Posizione, questa, in linea con quella di taluni parlamentari di sinistra. Non poteva essere diversamente visto che quella associazione è profondamente rossa.

Rompere i patti con la Libia è stato chiesto, mesi fa, da alcuni parlamentari del Partito democratico. Ricordate la risoluzione presentata per sospendere gli accordi? Firmata anche da esponenti di Sinistra Italiana. Sospendere tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori per non appoggiare il sistema d’intercettazione e di controllo della Guardia costiera libica, per non essere corresponsabili di violenze e torture che i migranti subiscono durante la detenzione dopo essere stati braccati. Rompere gli accordi voluti da Gentiloni. Eppure una delle quattro missioni previste per la crisi libica è volta a prestare assistenza e supporto all’ospedale di Misurata. Questo magari no, non lo si voleva. Ma sospendere gli accordi garantirebbe la fine delle violenze? Bisogna dunque rompere ogni accordo per far precipitare la Libia nel buio?

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