Coronavirus, in una Venezia surreale, parlano gli artigiani

Nel cuore del centro storico di Venezia, San Stae, in un sestiere come Santa Croce che resiste alla spoliazione del turismo di massa e alla perdita di identità cittadina, gli artigiani si apprestano a combattere questa nuova imprevista battaglia con il vuoto creato dall’emergenza Coronavirus e il carnevale interrotto.

Venezia è una città che è nata e sempre è stata votata al commercio: si badi bene, non al turismo di massa. E il piccolo commerciante lotta quotidianamente con l’isolamento e il vuoto, anche delle mancate strategie politiche. Lo stato di allerta per il Coronavirus non mina la forza di volontà degli artigiani di San Stae che sono tutti ai loro posti, nelle loro botteghe, a fronteggiare le calli vuote e la paura del contagio anche in questo martedì grasso di emergenza e non di festa.

Nelle testimonianze degli artisti locali non emerge tanto la paura della malattia, quanto la consapevolezza di dover e voler resistere a questa ulteriore difficoltà.
Luca Moroni, orafo a Venezia da più di trent’anni, “un baluardo della venezianità”, ci tiene a dire che: ” il nostro servizio noi lo svolgiamo continuamente. Non solo con il turista, perché noi lavoriamo prevalentemente con gli indigeni, con quei veneziani che resistono a tutte queste vicissitudini.”

Paola Bertoldo invece, da 15 nella sua “piccola gabbia dorata”, dice: “Non è facile come artigiana sopravvivere a questa città.” E aggiunge:”In questo periodo nefasto con il Corona Virus si vede la morte. Passa pochissima gente, le calli sono vuote, la gente ha paura. Non lo so come si potrà resistere a questo periodo. Ne abbiamo affrontate tante, come l’acqua alta. Certo è però che con il Coronavirus, è il colpo di grazia”.

Le fa eco Sabrina, dalla vicina “Sartoria dei Dogi”: “La situazione è un po’ difficile. Abbiamo avuto l’acqua alta a novembre e dicembre e aspettavamo il Carnevale per risollevarci un po’ e ripartire, invece con questa pseudo-pandemia e il panico alimentato anche dai media la gente è diffidente e non viene a Venezia perché ormai non si viaggia più. In stazione e nei vaporetti non c’è nessuno. Non ci voleva, noi artigiani siamo molto provati. La sensazione è di dire ma chi ce la fa fare, la situazione è molto difficile e non so come riusciremo anche questa volta”.

P. R., puntualmente nel suo negozio di vetri originali e pezzi unici, prova a sottolineare che lo stato di panico in cui è stata gettata la popolazione forse risente della volontà politica, in clima pre-elettorale, di essere a tutti i costi efficienti, ma sembra controproducente. “Stiamo subendo un isolamento molto grave – commenta – sul piano del turismo internazionale perché all’estero ci immaginano ancora sommersi dall’acqua alta, perché il Comune non ha indetto una conferenza stampa internazionale che testimoniasse come noi, già due giorni dopo l’acqua alta eccezionale, fossimo operativi. La gente disdice credendoci ancora allagati e adesso con il Coronavirus temo che la situazione si aggraverà ulteriormente”. Rispetto alla numerosissima comunità cinese, osserva: “Della comunità cinese in realtà si sa poco qui, c’è molta separatezza: siamo compresenti ma non si avverte la partecipazione della comunità cinese alla vita cittadina. Sicuramente c’è stato un colpevole ritardo nella comunicazione e gestione dell’emergenza in Cina nelle prime settimane che ha avuto e ha conseguenze anche qui, ora”.

Dal panificio “S. Stae” si commenta, guardando la calle: “È il vuoto, non c’è nessuno. Siamo ancora all’inizio purtroppo ed è presto per fare paragoni con l’acqua alta, che già è stata devastante. Interrompere il Carnevale domenica scorsa è stato un atto precauzionale importante, ma è sicuro che l’immagine della città sta subendo un duro colpo”.

E se le calli di questo Carnevale rimangono vuote, nei piccoli negozi si è pronti a combattere questo nuovo nemico invisibile in solitudine.

 

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