Comitato Economico e Sociale Europeo: “I costi della non immigrazione e non integrazione”

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Cambiare il discorso sulla migrazione e tornare ad un dibattito razionale basato sui fatti. I rifugiati e migranti andrebbero visti non come una minaccia ma come un’opportunità per il modello economico e sociale europeo. L’investimento nell’integrazione dei migranti costituisce la migliore assicurazione contro potenziali costi, tensioni e problemi in futuro.

Sono questi, in sintesi, le conclusioni contenute nel parere adottato dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) il 12 dicembre scorso e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 22 marzo 2019.

Il parere nasce da una sollecitazione dell’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza che, in occasione dell’edizione 2017 delle Giornate della Società civile, sottolineava la necessità di approfondire gli studi sui costi della non immigrazione, evidenziano come interi settori dell’economie europee probabilmente crollerebbero senza l’apporto delle persone migranti.

Il documento elaborato dal Comitato Economico e Sociale si concentra principalmente sulla migrazione di manodopera (sicura, regolare e appoggiata dall’UE) e sul ricongiungimento familiare che ne deriva, ma si sofferma anche su altre forme di immigrazione nell’UE e sul potenziale contributo dei migranti (temporanei) per motivi umanitari (richiedenti asilo) e di quelli che seguono i canali della migrazione irregolare.

Una società europea che sia prospera senza l’apporto dell’immigrazione è impensabile, secondo il CESE. I dati disponibili lasciano intendere che l’assenza di migranti avrebbe ripercussioni negative sulla forza lavoro e sulla crescita della popolazione, oltre a contribuire a un’ulteriore diffusione del razzismo e della xenofobia.

Spesso il dibattito europeo verte sugli svantaggi dell’immigrazione, ma lo scenario opposto è raramente al centro delle discussioni.

Secondo il parere del CESE, uno scenario senza immigrazione in Europa significherebbe che:

– le economie degli Stati membri soffrirebbero in modo sostanziale: i mercati del lavoro verrebbero sottoposti a tensioni forse inconciliabili, interi settori fallirebbero, la produzione agricola calerebbe bruscamente, l’edilizia non sarebbe in grado di tenere il passo della domanda;

– i sistemi pensionistici potrebbero diventare insostenibili, il settore sanitario e dell’assistenza potrebbe crollare, alcune zone si spopolerebbero rapidamente; la stessa coesione sociale, in effetti, verrebbe minata;

– si diffonderebbero ancora di più il razzismo e la xenofobia.

Molti, invece, ad avviso del Comitato, i vantaggi offerti dalla migrazione di manodopera. In particolare, per quanto riguarda i Paesi di accoglienza, i lavoratori migranti:

– occupano i posti di lavoro vacanti, ovviando alla mancanza di personale qualificato;

– sostengono la crescita economica;

– consentono l’erogazione di servizi indirizzati a una popolazione che invecchia, laddove vi è un numero insufficiente di giovali a livello locale;

– permettono di colmare il divario pensionistico,  grazie ai contributi dei nuovi giovani lavoratori migranti, che sono anche soggetti fiscali;

– apportano energia e innovazione;

– arricchiscono i Paesi di accoglienza grazie alla diversità cultuale ed etnica;

– rinvigoriscono le aree colpite dallo spopolamento, ripopolando tra l’altro le scuole che presentano numeri in calo.

Molti i vantaggi anche per  i Paesi di provenienza, i quali:

 – beneficiano delle rimesse (pagamenti inviati dai migranti alle loro famiglie), spesso superiori agli aiuti esteri, nonché dello scambio culturale;

– vedono ridursi la disoccupazione e migliorare le prospettive di vita dei giovani;

– beneficiano dell’apporto dei migranti che rientrano in Patria, in termini di risparmi, competenze e contatti internazionali.

Il parere del CESE si sofferma, infine, anche sui costi della non integrazione. La migrazione non può funzionare correttamente se i migranti non vengono adeguatamente integrati nella società di accoglienza. In sintesi,  i rischi e i costi risultanti da uno scenario di “non integrazione dei migranti” sarebbero:

– esclusione dei migranti dalla manodopera regolarmente retribuita (e ampia diffusione del lavoro sommerso);

– incapacità dei migranti di realizzare appieno il loro potenziale (spesso trasmesso alle generazioni successive);

– mancata identificazione con i valori e le norme del paese di accoglienza, e loro rifiuto;

– inasprimento delle differenze socioculturali tra le comunità dei migranti e quelle ospitanti;

– aumento della xenofobia e della sfiducia reciproca;

– segregazione territoriale che porta alla ghettizzazione;

– aumento dell’incitamento all’odio e dei reati correlati;

– indebolimento della legalità e possibile aumento dei tassi di criminalità, in particolare nelle aree socialmente escluse;

– potenziale radicalizzazione e maggiore sostegno alle ideologie estreme (da parte sia delle comunità di migranti che della società ospitante).

Nelle Raccomandazioni finali Il CESE sostiene che gli investimenti nell’integrazione dei migranti costituiscono la migliore assicurazione contro potenziali costi, tensioni e problemi in futuro; esorta quindi gli Stati membri ad annoverare questo tipo di investimenti tra le priorità, e raccomanda un sostegno mirato e specifico su base locale, anziché un approccio di carattere universale. Il CESE sottolinea che il miglioramento dei canali regolari di accesso all’Europa rientra tra le responsabilità degli Stati membri, ed evidenzia che la pressione sul sistema di asilo dell’UE può essere attenuata con rotte migratorie sicure e legali.

Fonte: CESE

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