Asilo, EASO: i migranti preferiscono destinazioni diverse dall’Italia

Nel 2019, le domande di asilo nei paesi UE+ (EU27, Regno Unito, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) sono aumentate dell’11%, raggiungendo quota 738.425, seguite da un aumento del 16% registrato nei primi due mesi del 2020. Mentre l’emergenza COVID-19 ha portato a un recente calo dell’87% delle domande, l’EASO prevede una ripresa della tendenza generale all’aumento.

Il 25 giugno 2020 l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO) ha pubblicato la sua relazione annuale sull’asilo. La relazione offre una panoramica completa degli ultimi sviluppi in materia di dati, politiche, prassi e legislazione sull’asilo. I dati specifici sugli Stati membri sono disponibili qui. 

Il rapporto rileva che, per la prima volta dal 2015, nel 2019 le domande sono aumentate su base annua, in parte a causa di un forte aumento dei richiedenti provenienti dal Venezuela (+103% rispetto al 2018) e dalla Colombia (+214% rispetto al 2018). Alcuni Paesi dell’UE+ – come Cipro, Francia, Grecia, Malta e Spagna – hanno ricevuto più domande di asilo nel 2019 che durante la cosiddetta crisi migratoria del 2015 e del 2016. 

In conseguenza di ciò, i Paesi UE+ che ricevono un’elevata percentuale di richiedenti asilo hanno intensificato gli sforzi per far fronte all’afflusso di migranti, agli sbarchi e all’aumento dell’arretrato di casi pendenti. In particolare, le politiche e le pratiche hanno mirato a proteggere i minori non accompagnati, accelerando le registrazioni, accelerando il rimpatrio dei richiedenti asilo respinti e aumentando il numero dei posti per l’accoglienza. Ciononostante, le procedure di prima istanza sono state lunghe nella maggior parte dei Paesi, spesso estese oltre il termine legale di sei mesi. 

L’Italia per la prima volta non risulta fra i primi cinque Paesi UE per numero di domande presentate. Nel 2019, la maggior parte delle domande di asilo è stata infatti presentata in Germania (165 615; 22%), Francia (128 940; 17%) e Spagna (117 795; 16%), Grecia (77275; 10%) e Regno Unito (44835; 6,1%)). In Italia le richieste sono state 43.770, il 5,9% del totale delle richieste nei Paesi EU+. I Paesi che hanno invece ricevuto il minor numero di domande sono stati Liechtenstein (50), Estonia (105) e Lettonia (195).

Per quanto riguarda le provenienze, la maggior parte dei richiedenti asilo erano siriani (80 205; 11%), afghani (60.700; 8,2%) e venezuelani (45 645; 6,2%). Per quanto riguarda l’Italia il maggior numero di richieste è stato presentato da cittadini pakistani (il 20%). 

Progressi si sono registrati rispetto al numero di reinsediamenti: nel 2019, circa 30 700 persone sono arrivate in Europa attraverso il reinsediamento, l’8% in più rispetto al 2018. I siriani hanno rappresentato quasi i due terzi di tutte le persone reinsediate per il terzo anno consecutivo. 

Il numero di decisioni prese in primo grado (esclusi i ricorsi) nel 2019 è diminuito leggermente (-3%) a 584.770, rispetto alle 601.430 del 2018. La Germania ha registrato il maggior numero di decisioni (154.175; 26%), seguita dalla Francia (113.890; 19%) e dall’Italia (93.485; 16%). La Spagna ha emesso quasi cinque volte più decisioni di primo grado nel 2019 (58.035) rispetto al 2018 (11 875), soprattutto a causa della rapida valutazione dei richiedenti latinoamericani. I siriani (12%) hanno rappresentato la maggioranza delle decisioni nell’UE+, seguiti dai venezuelani (6,7%) e dagli afghani (6,4%). 

Il numero di casi pendenti ancora in attesa di decisione alla fine del 2019 (quasi 912.000 domande) è rimasto molto più elevato rispetto ai livelli precedenti al 2015, a dimostrazione della pressione sotto la quale i sistemi di asilo e accoglienza operano. All’inizio del 2020, tuttavia, gli arretrati sono stati ridotti a causa della chiusura temporanea degli uffici dovuta alle misure di sicurezza COVID-19. A fine marzo i casi pendenti erano circa 836.000, con un calo dell’8% rispetto alla fine di dicembre 2019. 

Il tasso di riconoscimento in prima istanza a livello UE+ nel 2019 è rimasto alla pari con quello del 2018, con il 40% delle decisioni positive. Si è andati dal 10% nella Repubblica Ceca all’88% in Svizzera. Un aumento notevole nel 2019 si è verificato relativamente al numero e alla quota di decisioni positive per i richiedenti venezuelani. Il tasso di riconoscimento per i venezuelani è stato infatti del 96% nel 2019, contro appena il 29% nel 2018. Le nazionalità che hanno ricevuto un elevato numero di decisioni positive sono state: siriani (86%), eritrei (85%) e yemeniti (82%). 

Per quanto riguarda l’Italia, il maggior numero di riconoscimenti dello status di rifugiato in prima istanza è stato registrato per i richiedenti provenienti dalla Nigeria (24%), così come il maggior numero di dinieghi (18%). I Venezuelani sono stati invece i primi per riconoscimento della protezione sussidiaria in prima istanza (14%). 

La pandemia ha evidenziato disparità e carenze rispetto ai sistemi nazionali di asilo. I Paesi che nel 2019 avevano investito nell’ammodernamento e nell’automazione delle procedure di asilo sono stati in grado di riavviare rapidamente le operazioni elaborando le domande online e conducendo colloqui in videoconferenza. 

Ciononostante, come riferito dall’EASO negli ultimi mesi, le misure di emergenza nazionali dovute al COVID-19 hanno portato a una drastica riduzione dell’87% delle domande di asilo. In aprile sono state registrate solo circa 8.700 domande di protezione internazionale nei paesi dell’UE+, le più basse da almeno il 2008. 

Con l’attenuazione delle restrizioni nazionali e di viaggio, l’EASO prevede però che le domande di asilo cominceranno ad aumentare e ritorneranno alle tendenze precedenti al COVID-19. Infatti nel mese di maggio le domande di asilo erano già in aumento, anche se lentamente. L’EASO ribadisce che non vi sono indicazioni di una minore domanda di protezione internazionale e, come evidenziato dall’EASO a maggio, i paesi dell’UE+ dovrebbero essere preparati ad un aumento delle domande di asilo nel medio termine, anche a causa delle ripercussioni del COVID-19 sui paesi a basso reddito.

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