Raffia Arshad è il primo giudice con hijab nel Regno Unito

“I giovani musulmani saranno spronati a seguire i loro sogni, se vedono persone simili a loro nelle professioni che sognano”. È il commento di Raffia Arshad, donna musulmana quarantenne che indossa con fierezza l’hijab, promossa per merito a giudice delle Midlands, dopo diciassette anni di carriera meritoria.

“L’ufficio giudiziario, quando mi ha promosso giudice, non sapeva che indossassi l’hijab, e che sarei stata il primo giudice inglese a indossarlo”. Riferisce così in un’intervista rilasciata alla versione inglese di Metro, e, continua: “pensare che all’inizio della carriera mi fu consigliato di toglierlo alla vigilia di un importante impegno che avrebbe cambiato e indirizzato la mia vita lavorativa”. “Ho deciso -prosegue –  che avrei indossato il velo perché per me è importante accettare la persona per quello che è; e se dovessi diventare una persona diversa per esercitare la mia professione, non certo lo accetterei, non è quello che voglio, così ho fatto e ci sono riuscita, mi è stata data una borsa di studio considerevole nel 2001 alla Inns of Court School. Penso che sia stato probabilmente uno dei primi passi più importanti della mia carriera, bastava pensare: sì puoi fare!”.

Subito dopo un anno alla scuola di legge è stata chiamata a lavorare per la Camera di diritto della famiglia di St. Mary, dove ha collaborato specializzandosi in cause con bambini, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili e qualsiasi altro caso che aveva a che fare con il diritto islamico, ed è diventata un punto di riferimento per tutto il Regno Unito nel diritto della famiglia musulmana.

Alla notizia dell’elezione a giudice delle Midlands, i responsabili delle Camere di diritto della famiglia di St .Mary hanno dichiarato a Metro di essere felici per Raffia: “Lei merita ampiamente questa carica”, sono le parole congiunte di Vickie Hodges e Judy Claxton. “Ha aperto la strada alle donne musulmane per avere successo nel campo della giustizia, lavorando instancabilmente per promuovere l’uguaglianza e la diversità nella professione, noi della St Mary siamo orgogliosi di lei”.

Naturalmente ha trovato anche ostilità sulla sua strada, ma ha affrontato tutto con forza tirando diritto senza curarsi e mostrando il suo valore, e ancora oggi qualche usciere del tribunale che non la conosce, quando la vede entrare in aula le chiede se è un imputata o una traduttrice, mai pensando che possa essere un avvocato e adesso un giudice in hijab.

“Ma sono felice, perché ricevo giornalmente moltissime mail di uomini e  donne che mi spronano ad andare avanti, specialmente le donne, che si congratulano perché pensavano che mai un ragazza con l’hijab sarebbe diventata un avvocato, figuriamoci un giudice”.

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