Staffetta per sostenere le imprese migranti

L’impresa migrante ha bisogno che tutti gli attori e servizi che possono sostenerla si mettano in rete, raccordando la propria azione e lavorando in staffetta. È questa una delle principali indicazioni che arrivano dal Laboratorio Territoriale di Roma dell’Osservatorio Nazionale sull’inclusione finanziario dei migranti, curato dal Cespi, che nel 2019 ha coinvolto una ventina di attori tra istituzioni, associazioni di categoria, privati e terzo settore per mappare la situazione nella Capitale e raccogliere proposte e indicazioni di policy.
La voce “imprenditori migranti” raggruppa, in realtà, profili molto diversi, che il Laboratorio ha distinto in quattro macro-categorie, la cui successione disegna un percorso evolutivo. La prima è quella degli aspiranti imprenditori, persone con o senza occupazione che vorrebbero avviare un’attività; ci sono, poi, quanti operano con microattività nell’economia informale, per sussistenza o contributo al reddito; altra tipologia è quella di lavoratori autonomi e imprese individuali, cioè “partite Iva” legate a forme di autoimpiego e a volte assimilabili a lavoratori subordinati; il livello più avanzato è rappresentato da imprese con forma giuridica di società di persone o di capitali, che hanno dipendenti, almeno un minimo di patrimonio e più capacità di organizzare capitale e persone. 
Sono varie anche le barriere per l’impresa migrante a Roma. Tra quelle esterne, cioè legate al contesto locale, il laboratorio segnala come principali la difficoltà di accesso al credito, gli alti costi di avvio e la scarsa conoscenza della normativa su costituzione dell’impresa e burocrazia. A queste si sommano barriere interne, legate cioè al profilo degli imprenditori migranti, come la scarsa formazione tecnica e professionale, il ricorso all’autoimpiego come ammortizzatore sociale e la precarietà dei documenti.
Anche tra i servizi all’imprenditoria migrante mappati a Roma (pochi, e, se dedicati esclusivamente a questo target, quasi sempre temporanei) si riscontrano dei limiti. Sono, soprattutto, il ridotto raccordo con altri servizi e iniziative, con difficoltà nella relazione con gli istituti di credito e nel coinvolgimento delle comunità straniere, e lo sbilanciamento su formazione e startup, mentre spesso mancano monitoraggio e valutazione e c’è difficoltà a selezionare i beneficiari, molti dei quali non hanno nemmeno avuto ancora modo di imparare l’italiano.
Le raccomandazioni? La principale è strutturare in rete il lavoro di attori e servizi, evitando doppioni. La logica è quella di una staffetta in cui ognuno fa la sua parte e si raccorda con la fase precedente e con quella successiva del percorso. Potrebbe snodarsi così: educazione finanziaria di base; orientamento per aspiranti imprenditori; formazione multi-area; accompagnamento personalizzato a business plan e business model; accesso al credito e incubatore di impresa; mentoring e acceleratore di impresa; raccordo nel tessuto d’impresa locale. 
Servono, poi, campagne di educazione e alfabetizzazione finanziaria per i migranti, così come formazione sull’inclusione finanziaria e sull’imprenditoria migrante destinata a professionisti (notai, commercialisti, consulenti fiscali…), associazioni di categoria e mondo finanziario. Bisognerebbe infine dotarsi di strumenti comuni, anche tecnologici, per accompagnare l’impresa migrante (da quelli di mappatura delle competenze ai corsi di italiano, eventualmente for business) e dare più visibilità a iniziative, risorse e quant’altro riguarda il tema dell’imprenditoria migrante. Ulteriori approfondimenti andrebbero dedicati a tre questioni rimaste aperte: i settori e le filiere a prevalenza migrante, l’informalità, la valorizzazione del credito informale e intra-comunitario in strumenti di accesso al credito formale. 
“Sebbene il contesto romano non sia particolarmente vivace sul tema dell’imprenditoria a titolarità straniera, nonostante una vivacità evidente di questa componente del tessuto economico locale, esso presenta una serie dipotenzialità da incentivare e sostenere con l’obiettivo di promuovere l’integrazione dei migranti nel tessuto economico e produttivo della città, favorendone la piena cittadinanza economica”, scrivono Emanuela Stramenga, Daniele Frigeri e Anna Ferro del Cespi, in un position paper. “Il Laboratorio di Roma – aggiungono – ha avviato una riflessione collettiva sul tema dell’imprenditoria migrante, dimostrando che è possibile pianificare interventi congiunti e che questo è il modo migliore, anche se non il più facile o rapido, per mettere a fuoco le comuni barriere esistenti e individuarne possibili percorsi di miglioramento”.staffetta per sostenere le imprese migranti
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